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Departures

Regia di Yojiro Takita vedi scheda film

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La recensione su Departures

di bradipo68
6 stelle

L'altra sera appena uscito dal cinema devo ammettere che avevo avuto la sensazione di aver visto un grande film.Poi ho avuto la cattiva idea di ripensarci un po' su.Ci sono certi film che fatti sedimentare adeguatamente acquistano se possibile ancora maggiore profondità,altri per cui il tempo non è affatto galantuomo.E Departures appartiene alla seconda categoria,è una di quelle opere che gradualmente perdono consistenza mano mano che te ne allontani nel tempo,un po'come l'effluvio di un ottimo profumo destinato comunque a soccombere e a perdere la propria fragranza con il passare delle ore.A distanza di qualche giorno mi ritrovo a pensare ad aver visto un film più furbo che bello,accattivante e affabulatorio molto ben confezionato,capace di toccare le corde emotive giuste in momenti in cui il cinema vola alto,mentre d'altra parte l'uso reiterato di simbologie un po'troppo evidenti o di ellissi narrative se vogliamo ingenue(vedi la sequenza in cui la cassa nel forno crematorio viene affidata alle fiamme seguita dal levarsi in volo di alcuni cigni) insospettiscono alquanto.Ha però anche grossi meriti questa pellicola:riuscire a parlare con tono lieve e con una venatura grottesca tuttaltro che sgradevole del momento del trapasso non è roba da tutti.Certo non è la prima volta perchè a questo riguardo l'approccio è identico a quello della serie tv cult Six feet under a cui questo film rimanda senza mezzi termini.Lo sguardo al Giappone di oggi poi non è affatto consolatorio:la crisi economica colpisce duro anche lì ed è per quello che Daigo,violoncellista di scarso talento(almeno così dice lui) si vende il violoncello da pagare a rate dopo che è stata sciolta l'orchestra.Ritorna al paesello natio e trova un lavoro un po'particolare:fare il tanatoesteta(anche se l'annuncio sembrava quello di un agenzia di viaggi).E qui c'è un'altra cosa che non ho compreso:a quanto si vede anche in questo film il Giappone è una terra in cui si vive ancora di rituali e la preparazione della salma è di fondamentale importanza.Uno si aspetta che un professionista di questa pratica perlomeno sia rispettatissimo e invece fare un lavoro del genere pare sia un disonore manco si andasse a rubare le elemosine in chiesa.Il rituale della preparazione è fatto sempre con la stessa flemmatica gestualità,con grande rispetto sia della salma che dei suoi parenti e amici che non devono vedere neanche un centimetro di pelle.E Daigo aiutato da un grande maestro riuscirà a far accettare questa professione anche alla moglie.Departures in un frangente riesce anche a provocare emozione,di quella vera ma probabilmente lo fa involontariamente.C'è fretta di chiudere definitivamente i conti col passato,anche con un padre che non si vede da trenta anni.Quello che convince del film è soprattutto il personaggio del protagonista che sembra sempre capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato.E diverte anche il suo curioso apprendistato a suon di nausea,vomito e frizioni vigorose,quasi selvagge con il sapone per levarsi l'odore di morte dalla pelle.La sua inadeguatezza alla nuova professione è foriera anche di situazioni buffe(vedi la sua prestazione nel recitare da "salma" per un dvd pubblicitario per soli addetti),la sua situazione familiare complicata rende il tutto più frizzante.Accanto al rituale,alla figura del maestro così ancorata al passato(vedi le "leccornie" che cucina e per cui si autoincensa senza pudore) ,accanto al passato che ritorna sotto forma di un violoncello che Daigo usava da bambino(e che è lo spunto per tutta una serie di sequenze bucoliche in cui il nostro suona nei posti più disparati allungando il film oltre il dovuto),accanto alla storia dei sassi(un po'troppo telefonata) c'è un Giappone moderno nascosto tra le pieghe del film inquadrato all'occidentale.In molte sue parti Departures è riconoscibile come film orientale solo dal fenotipo di coloro che vi recitano.Altrimenti potrebbe benissimo essere un film di altra latitudine cinematografica.La morte è come un cancello,sicuramente siamo tutti uguali di fronte ad essa ma se siamo preparati e se conserviamo da morti quella che era la nostra apparenza in vita...beh allora attraversare questo cancello può essere addirittura più facile....

Su Yojiro Takita

qualche sforbiciata avrebbe giovato.

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