Regia di Michael Mann vedi scheda film
Con Michael Mann il cinema hollywoodiano ritorna grande, incisivo, potente, sia nel melodramma, sia nell’azione. Tuttavia nulla, in questo film, sa di celebrazione; il tono non è mai solenne, la messinscena mai sontuosa. Eppure la storia esprime un energia volitiva e penetrante, carica della spietatezza delle sparatorie e del brivido degli inseguimenti; però gli ingredienti base del gangster movie non compaiono qui, semplicemente, per sottolineare i picchi di spettacolarità e tensione. Sono, invece, i momenti culminanti del crimine visto come dramma, personale, sociale, politico, in grado di coinvolgere un’intera nazione in una caccia all’uomo senza regole. Amore, amicizia, complicità, lealtà e tradimento sono i classici motivi di una vicenda dai tratti realisticamente umani, ricca di passione ma priva di mistero, e che di leggendario ha solo la ferrea determinazione e l’inflessibile coerenza del protagonista, oltre alla sua soprannaturale sensibilità nel fiutare il pericolo e prevedere le mosse delle persone che lo circondano. Un’intelligenza acutissima ed una temeraria intraprendenza fanno di lui un nemico micidiale ed un amante irresistibile: i requisiti dell’eroe romantico sono soddisfatti in pieno, benché il Dillinger di Johnny Depp appaia estraneo sia al luminoso divismo alla Clark Gable, sia al tenebroso carisma alla Humphrey Bogart. Egli è, indiscutibilmente, un personaggio da romanzo, che stupisce ed affascina, ed è comunque impossibile odiarlo. Volerlo uccidere è un moto di rivalsa, di sfida; e riuscire a farlo è una vittoria che lascia in bocca il gusto del veleno; perciò la sua morte diffonde la sensazione tetra di un sacrificio ingiusto, inutile ed evitabile.
Nemico pubblico trasforma la biografia di un criminale in un’esperienza nuova per la coscienza e per i sensi: lo spettatore prova, insieme, simpatia e orrore, vede l’imperdonabile ma non riesce a condannarlo, perché la giustizia della mente non va di pari passo con quella del cuore. Parteggiare, per una volta, non è impresa così facile, per la nostra modesta capacità di giudizio, che un finale da antologia riesce a mettere definitivamente in crisi.
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