Regia di Franck Vestiel vedi scheda film
I colori sono assenti. I colori sono ragione, sono luce, la luce della ragione rischiara le tenebre e cancella la paura. Ma l'incubo non ha colori, l'incubo è irrazionale per definizione, qui non si conosce la propria identità nè il motivo della propria permanenza in tale luogo, ci si trova davanti abominevoli mutazioni delle carne e della tecnologia senza comprendere come queste siano state possibili
Eden Log è uno dei migliori fantahorror degli ultimi 10 anni, è una fortissima prova autoriale, dimostrazione di come con un budget irrisorio ma un'idea precisa ma allo stesso tempo ermetica si possa intrappolare uno spettatore in un labirinto di angoscia, ansia, sensazioni e suggestioni. Suggestioni che si sviluppano specialmente sul piano visivo, tramite una scarsità di dialoghi che inquieta e confonde, i colori, o meglio l'assenza di essi per la maggioranza del tempo: un bianco lattiginoso e un grigio metallico che diventano un brillante caleidoscopio in momenti di violenza esplosiva. La telecamera è quasi sempre a mano i movimenti fluidi. La storia ha un'incedere criptico e quasi sperimentale, è un racconto a brandelli, un vero e proprio sonno della ragione che genera mostri.
L'incipit è per certi versi simile a quello di Haze di Shinya Tsukamoto: siamo evidentemente sottoterra, dove un uomo si sveglia senza sapere il proprio nome nè come sia arrivato in quel luogo nè cosa sia successo al corpo che giace accanto a lui. Così, coperto di fango, non ha altra scelta che cominciare un viaggio a ritroso, una fuga da quell'inferno fatto di claustrofobici ambienti dal design gigeriano mentre apprenderà terribili informazioni sulla fine di una società chiamata Eden Log e lotterà contro mostri e guardiani. Un luogo dove l'uomo pare essersi autodistrutto. Macerie, metallo, urla e lamenti, questo è tutto ciò che è visibile nel disastro di Eden Log . Segni rassicuranti di vita non ci sono più, gli uomini superstiti sono mutati o pronti a trasformarsi in mostri, lo stesso protagonista è deprecabile e non si capisce se in lui rimane un barlume di raziocinio mentre prova a resistere a una mostruosa trasformazione. E quell'albero, quell'elemento così misterioso e minaccioso, rivelarne lo scopo diventa peccato mortale, si fa simbolo del tipo di orrore di cui stiamo parlando, non è l'irrazionale e l'incomprensibile di Lovecraft che viene per ammazzarci, ma è l'agire umano che toglie la possibilità di comprendere e di difendersi.
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