Regia di Marco Risi vedi scheda film
Fortapàsc, alla napoletana, è la metafora che usa il sindaco corrotto (e ipocrita) di Torre Annunziata per descrivere la situazione che tutti conoscono, tutti vedono, ma sulla quale nessuno parla. L’omertà la spezza un giovane giornalista, precario, “abusivo” come lo definisce il suo direttore, de “Il Mattino”, tal Giancarlo Siani. A bordo della sua inguardabile mini-jeep, Siani se ne sbatte di tutti i proiettili che affollano l’aria di Torre e finisce per farsi ammazzare, perché a differenza di altri, è un italiano atipico, che pensa alla cosa pubblica ed alla giustizia prima che agli interessi propri. Si tratta di una storia vera, di uno dei martiri italiani (come le storie di Falcone e Borsellino, per intenderci), sul quale, per avere giustizia (l’unica cosa di cui in vita gli interessava veramente) la magistratura indaga 12 anni prima di venirne a capo. La storia è molto interessante e la sceneggiatura la valorizza. Ma oltre alle musiche, è la regia, di Marco Risi, a rendere questo film un piccolo capolavoro. L’interpretazione di Libero Di Rienzo e degli altri attori è decisamente meritevole. Le scelte di montaggio e di regia ricordano un altro meritevole film del figlio di Dino, quel “Il muro di gomma” che oltre a condividere la tematica dell’inchiesta, propone le medesime atmosfere e, se è lecito, lo stesso pessimismo sull’efficacia della giustizia italiana e soprattutto sull’utilità pratica di certi “sacrifici”. Il film è tutto nell’ultima scena e nell’espressione, un po’ goffa, un po’ coraggiosa di Libero di Rienzo, in una fantastica interpretazione. “Fortapasc” ha un fascino non descrivibile, che conquista.
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