Regia di Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Giambattista Avellino vedi scheda film
C’è chi dice che cominciare con la voce fuoricampo, stile anni 50, non sia un bel modo di cominciare. Succede anche nella nuova commedia siciliana di Ficarra & Picone, per raccontare (con l’accento inconfondibile di Pino Caruso) una storiella di parenti che non sempre sono serpenti. Due cugini, uno contro l’altro ma praticamente amici, si incontrano a un funerale ritrovando anche l’amicizia persa per colpa dei padri e di un albergo lasciato in eredità. Proprio come nel film precedente, Il 7 e l’8, campione d’incassi forse più delle aspettative, la coppia si completa nel gioco dei contrasti: l’ingenuo ipocondriaco che ha paura di tutto e il pazzerello che gestisce un’improbabile agenzia matrimoniale, combinando le nozze agli extracomunitari in cerca di sistemazione. All’inizio si sorride, le maschere funzionano, però poi è tutto molto prevedibile. Si tira in lungo intorno a un campionario di gag dei tempi di Franco & Ciccio, con i gemelli russi da «ti spiezzo in due», cattivi e coi baffoni: «I fratelli Karamàzov? Ne ho sentito parlare». E con un estenuante gioco degli equivoci, complici i mafiosi da macchietta. Finalissimo in fuga per i vicoli, come fossero le comiche, e sulla metropolitana di Catania, a sottolineare i contrasti tra antico e moderno. Tutto elementare, senza essere volgare: può bastare?
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