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M, il mostro di Düsseldorf

Regia di Fritz Lang vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su M, il mostro di Düsseldorf

di ethan
9 stelle

In una città tedesca (il sottotitolo italiano si riferisce al caso di cronaca a cui si ispira il film, mai menzionato chiaramente) un maniaco omicida di bambine si aggira per le sue vie, tenendo in scacco le forze dell'ordine e mettendo in subbuglio anche la delinquenza organizzata, che teme che le indagini possano frapporsi con le proprie losche attività.

Con 'M - Il mostro di Düsseldorf' Fritz Lang, dopo una decade feconda di grandi film muti, fa il suo esordio nel cinema sonoro e i risultati sono ancora a livello di eccellenza: prendendo spunto da un fatto realmente accaduto in Germania negli anni '20, il cineasta austriaco costruisce un perfetto meccanismo ad orologeria, attingendo tanto agli stilemi del muto da lui usati in maniera superba, con la costruzione di intere sequenze senza far ricorso ad un solo dialogo, quanto alle possibilità del nuovo artificio, cioè all'utilizzo di dialoghi, suoni (il motivo ricorrente fischiettato, cioè 'la prova') e rumori di fondo.

'M' non è la mera cronaca delle vicende di un assassino seriale, delle indagini e della sua cattura ma un'analisi nel profondo dell'animo di una mente 'malata', che compie atti di totale spregevolezza nonché di una società che, già all'epoca, sobillata dai mezzi di informazione di massa, si ergeva a giudice supremo, a carnefice, improntando il tutto sul farsi giustizia con le proprie mani, senza passare dai canali ordinari della Giustizia precostituita.

Il film di Lang - dotato di un'ambientazione urbana precorritrice del genere Noir, e con tagli di luci (e soprattutto ombre, una su tutte nell'incipit con la domanda 'Chi è l'assassino'?, scritta su un foglio appeso ad un palo, oscurata dalla silhouette del 'mostro') e inquadrature che si rifanno all'Espressionismo - brilla ancora a molti anni di distanza dalla sua uscita (1931) per mezzo di un sapiente uso del montaggio, sia classico, sia parallelo (l'illuminante e ironica scena con cui, da un'inquadratura all'altra si passa, senza soluzione di continuità, dai caotici uffici della Polizia alle bettole fumose in cui si annidano i principali delinquenti della città dove, alla fin fine, le strategie per trovare il criminale, si sovrappongono, si confondono e finiscono per essere le medesime), grazie ad alcuni 'illuminanti' movimenti della mdp e soprattutto ad un magistrale uso del fuori campo, come ancora nella suddetta scena iniziale, dove un altro barbaro omicidio è suggerito dalla palla che rotola per terra e dal palloncino per aria, visti precedentemente nelle mani di una bambina.

Da sottolineare, a testimonianza della bravura del filmmaker, un'altra scena, dagli esiti diametralmente opposti, dove il piano del maniaco non si compie, per un salvataggio in extremis ma che il regista, con un artificio visivo (una freccia che, in due occasioni, sfiora una bambina), la  suggerisce, con un senso dell'ironia al limite del macabro.

Impressionante per aderenza al ruolo del folle omicida la prova di Peter Lorre, sia dal punto di vista dell'uso del corpo, quando si aggira per la città, quando si nasconde e infine, una volta davanti alla folla assetata del suo sangue, perennemente accartocciato su se stesso, e ancora più per la stridula voce, che si sente nel monologo pre-finale.

'M - Il mostro di Düsseldorf' è un'opera che non finisce mai di stupire per la sua modernità linguistica, per il vibrante montaggio e anche un fondamentale precursore ed apripista di più generi e sottogeneri.

Voto: 9 (v.o.s.)

 

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