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The Rum Diary. Cronache di una passione

Regia di Bruce Robinson vedi scheda film

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La recensione su The Rum Diary. Cronache di una passione

di supadany
7 stelle

Sorta di omaggio di Johnny Depp allo scrittore Hunter S. Thompson, già i due si erano incrociati per “Paura e delirio a Las Vegas”, con il nostro che abbandona (temporaneamente) i lidi del cinema commerciale per dar luce ad un’opera dalla gestazione assai travagliata e da lui evidentemente molto sentita.

Paul Kemp (Johnny Depp), scrittore e giornalista dal bicchiere facile, si trasferisce a Portorico per lavorare presso un giornale allo sfacelo.

Nella nuova realtà si trova a frequentare personaggi trasandati, ma quando entra in contatto col facoltoso, ed ambiguo, Sanderson (Aaron Eckhart), oltre che avere un colpo di fulmine per la sua donna Chenault (Amber Heard) capirà che è arrivato il momento di fare qualcosa di utile.

 

 

Pellicola atipica per tanti aspetti, ricca di difetti di varia natura, spesso sgangherata, ma anche in grado di generare stimoli che rifuggono l’ordinarietà.

Possiede infatti un andamento ondivago, ma complessivamente godibile con un inizio inusuale (direi di getto) e soprattutto un (non) finale, come a rimandare ad un’altra puntata quasi che ci trovassimo di fronte ad una serialità (in realtà le dicitura prima dei titoli di coda ci dicono un po’ di cose).

Un percorso piuttosto sfumato che alterna registri comunicativi anche distanti tra loro, passaggi grotteschi (d’altronde le maschere che lo affollano sono già di loro tutto un programma), altri sentimentali, alcuni anche (quasi improvvisamente) etici, per una commedia che è quasi un azzardo definire tale (anche perché poi dargli una definizione non è cosa facile).

Aiuta l’ambientazione portoricana sospesa tra ricchezza e povertà, sviluppo ed arretratezza, distanze incolmabili di caratteri e stili di vita (basta vedere l’incontro nel baretto disperso nella natura), insomma una ricchezza che rende lo sfondo protagonista.

Questo anche perché la narrazione è incostante ed alcuni aspetti sembrano un po’ trascurati, penso ad esempio alla figura di Cheanult che meritava qualcosa in più soprattutto per come vengono gestiti i suoi rapporti prima con Sanderson (una fine un po’ brusca) e poi con Paul.

Una sponda valida la offre poi un ricco cast con diversi nomi “spendibili”, ma nel quale incuriosisce la figura di Michael Rispoli, quasi un incrocio tra Paul Giamatti e Zach Galifianakis.

Film piuttosto inusuale, che ho trovato affascinante per motivi anche non facili da spiegare, che lascia un po’ di amaro in bocca, ma che al contempo trasuda una piacevole sincerità.

Particolare.

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