Regia di Silvio Amadio vedi scheda film
Folco Lulli produsse questo film per ricordare il sacrificio di chi in guerra perse la vita nell'affondamento di sommergibili. Esordio alla regia di Silvio Amadio, resta una delle sue migliori pellicole, nonostante teatralità e retorica.
LUPI NELL'ABISSO (1959)
Rimasti in dieci sapendo che uno solo si salverà, rinunciare alla propria vita per altri o fare di tutto per essere l'unico che se la caverà? Morire da uomini o sbranarsi come lupi? "Lupi nell'abisso", appunto.
E' l'argomento di questa pellicola girata (opportunamente) in bianco e nero nel 1959 da Silvio Amadio: non conosco altri suoi titoli, che non furono molti (una ventina); e ho la sensazione che questo, nonostante qualche difetto, sia uno dei suoi migliori.♥
Fu anche sceneggiatore e produttore (un film da lui prodotto nel 1978 - "Una settimana come un'altra", diretto da Daniele Costantini - vinse il David di Donatello, premio speciale della giuria).
Una schiera di validi attori, diretti da un regista all'esordio, affronta questo tema interessante all'interno di un sommergibile italiano affondato da bombe di profondità sganciate da aerei nemici durante la seconda guerra mondiale. Difficile, essendo tutto il film girato in un interno angusto, non cadere nella teatralità: in sostanza ognuno dei personaggi si fa conoscere nella sua individualità dal momento in cui trapela la notizia - prima tenuta segreta dal comandante e dal nostromo - che un cavo del meccanismo di salvataggio è spezzato. Si potrà fare un unico lancio e il tragico problema è chi scegliere, da parte di chi e con quali criteri. E alla fine almeno uno si salverà davvero?
Probabilmente da una serie di interrogativi di questo genere ci si sarebbe potuta aspettare maggiore suspence, però l'interesse resta vivo sino alla fine della visione e solo talvolta infastidisce un certo eccesso di retorica nei dialoghi: da attribuire in parte (più che alle interpretazioni, corrette) a tratti di commento musicale che la accentuano.
A mio parere gli interpreti sono tutti apprezzabili. Misurato e intenso (come al solito, direi) Massimo Girotti (il comandante del sottomarino). Altrettanto il sempre bravo Folco Lulli nella parte del nostromo. Sono i due personaggi che fin dall'inizio non hanno incertezze e, come i loro gradi pretendono, non ambiscono alla loro personale salvezza.
Il terzo ufficiale è un giovane tenente interpretato da un attore svizzero (Jean - Marc Bory) di non trascurabile importanza: circa 70 film al suo attivo in quarant'anni di carriera, qui era al suo terzo ruolo, dopo due film indimenticabili: "Fascicolo nero" di Andrè Cayatte e "Les amants" di Louis Malle.
Volto forse ancor più noto - io lo ricordo in "Il gatto a nove code" di Dario Argento, del 1971 - quello del tedesco Horst Frank che qui è il marinaio più giovane, ventunenne (benchè l'attore ne avesse nove di più): circa 80 film fra il 1957 e il 1980, poi per quasi altri vent'anni solo TV, fino alla morte nel 1999.
Fra gli altri marinai, ricorderò almeno tre nostri attori: Alberto Lupo (carriera televisiva, successivamente, la sua), Giancarlo Sbragia (un grande in teatro, anche come regista, quasi mezzo secolo di carriera) e Piero Lulli (fratello del ben più famoso Folco, ma noto anche lui per aver preso parte ad un centinaio di film in 35 anni, peraltro, che io sappia, mai come protagonista).
Tornando a Folco Lulli, voglio ricordare che di questo film fu anche produttore e che, prima di diventare attore dopo la seconda guerra (fu Lattuada a lanciarlo in "Il bandito" nel '46) era stato soldato nella guerra d'Etiopia, per lui periodo di maturazione di sentimenti antifascisti che lo portarono, subito dopo l'8 settembre 1943, a svolgere un ruolo importante come partigiano: fu il comandante di un distaccamento sul monte Alpet, provincia di Cuneo; catturato dai tedeschi e deportato in Germania, riuscì a fuggire per poi tornare in Italia a guerra finita.
Per lui la guerra fu dunque un periodo particolarmente importante, come si intuisce anche dalla didascalia che chiude questo film: è una dedica sentita a tutti quelli che avevano perso la vita, con onore, in sommergibili italiani affondati.
Un'altra curiosità, per finire. Evidentemente l'argomento di questo film (mi riferisco alla salvezza possibile di uno solo fra molti) era veramente nelle corde di Folco Lulli perchè (dopo un bel numero di pellicole nelle quali con la sua eccezionale presenza scenica lasciò un indelebile ricordo di sè come attore, spesso caratterista e talvolta anche ottimo protagonista) una sola volta si avventurò nella regia, affrontando nel 1967 una storia di mafia con il film "Gente d'onore" di cui suoi furono pure soggetto e sceneggiatura. Ebbene, cercherò di vederlo quel film giacchè mi incuriosisce il fatto che il meccanismo sia lo stesso: si cercano sette sicari, condannati a morte dai loro capi...uno ad uno, ne moriranno sei. Anche qui fra gli interpreti c'è il fratello Piero, ma non so se sarà lui a salvarsi.
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♥
Alla sua uscita ebbe critiche favorevoli. Così U. Tani, "Intermezzo", il 30.9.1959: "Questo buon film italiano riprende il tragico motivo del sottomarino colato a picco, il cui equipaggio è condannato a morte certa (....). La situazione ha offerto a Silvio Amadio l'opportunità per una realizzazione senza dubbio efficace non solo spettacolarmente ma anche dal punto di vista morale e psicologico".
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Post scriptum:
Segnalo che questo film è visibile su Youtube (caricato da Fabrizio De Angelis il 24 ottobre 2014).
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la recensione precedente (L'AVVENTURIERO, 1917) del 20.1.16
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