Regia di Claudia Llosa vedi scheda film
Partiamo dal titolo, direi, no? L’originale è La teta asustada, cioè è La tetta impaurita, spaventata. A livello internazionale, diventa The milk of sorrow, ma in italiano, il canto di Paloma. Perché? Che il nostro titolista, notariamente uno spostato mentale, ami particolarmente le vecchie canzoni popolari? O Battiato? Fatto sta che nel film non c’è nessuna Paloma, e la protagonista, che canta, si chiama Fausta. Sono andato a rivedermi l’intero cast e, sarà sfiga, neanche un personaggio si chiama Paloma. E vabbè.
Si narra la storia di questa ragazza, una bella ragazza un po’ ritardata. La storiella è anche caruccia, anche se niente di che. In pratica siamo nel degrado e nella miseria di qualche Paese sudamericano, in Cile forse, o Perù, magari no, forse a Lima, ma non è molto importante. La nostra è reduce da una famiglia che ne ha già passate molte e vive nel terrore degli uomini, tanto che se ne va in giro con una patata nella figa, come una sorta di protezione. Strano, no? Poi non succede molto, va detto, siamo nel d’essai più d’essai. Insomma miseria, degrado, tristezza, tutto l’ideale per vincere l'ORSO d’oro a Berlino, come accadde. Partecipò addirittura alla cinquina per il migliore film straniero, e parlo degli Oscar. Il tutto è assurdo, perché questo film oscilla tra un 6 e un 7.
Per fortuna quella volta agli Oscar smisero di farsi le seghe e premiarono Il segreto dei suoi occhi, che è un film sudamericano magnifico. E caso mai c’era anche Il nastro bianco. O Il profeta, in quella cinquina. Figurati se premiano sta roba, una volta tanto. A Berlino, invece, non ho visto i film che concorrevano, tranne uno, Oltre le regole – The messengers, che è decisamente superiore. Ma in quel 2009 Berlino propose film veramente brutti (anche vedendo i voti su IMDB), forse uno dei festival peggiori per (il Leone - ancora!) l'ORSO d’Oro, che via via nel tempo ha perso sempre più importanza.
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