Regia di Asghar Farhadi vedi scheda film
Donne determinate, sicure di sé, convivono con uomini infiacchiti, che sembrano accettarle come compagne fino a quando la criticità del momento riporta a galla vecchi codici di comportamento e la violenza esplode, con le parole e, se non basta, con i fatti. Ma poi tutto torna come prima.
Orso d'argento per la regia alla Berlinale 2009, Asghar Faradhi in About Elly cambia la storia ma ripropone uno schema vicino a Fireworks Wednesday del 2006.
Clima festoso nell’incipit di entrambi, qui vacanza al mare per un gruppo di amici, lì il capodanno iraniano, 21 marzo, petardi, falò e pulizia delle case.
Qui c’è Elly, il corpo estraneo, la maestra d’asilo di una delle bambine, invitata da Sepideh, l’animatrice del gruppo (tre giovani coppie medio borghesi, buoni studi , bambini ben curati e saputelli, e Amadh, il divorziato).
Il piano è “combinare” l’incontro di Elly con Amahd, abbandonato dalla moglie tedesca (donna geniale che gli ha lasciato scritto “Un finale amaro è meglio di un'amarezza senza fine).
In Fireworks c’era Rouhi, giovane domestica, chiamata per aiutare nelle pulizie di casa e catapultata al centro di una crisi coniugale che le svela un mondo di miseria umana insospettato.
Entrambe sono il reagente di situazioni che esplodono improvvise, il caso innesca la miccia e le esplosioni a catena lasceranno il terreno pieno di macerie.
Una giovane donna sparì fra gli scogli del Mediterraneo tanti anni fa, ne L’avventura di Antonioni, qui siamo sul Mar Caspio, sparisce la dolce e silenziosa Elly, il mistero avvolge la sua scomparsa, forse il mare, forse mentre faceva volare l’aquilone ha visto uno dei piccoli in pericolo fra le onde. O forse è andata via, in fondo voleva partire prima degli altri, qualcosa la turbava, ma Sepideh (ah! le donne, quando inseguono un loro un piano!) le aveva nascosto il borsone.
E perché mai il suo cellulare è nella borsa di Sepideh?
Non è un noir, non è un thriller, eppure la tensione che sale da metà film è insopportabile.
Come di fronte alle calde acque del Mediterraneo, anche qui l’incomunicabilità alza la sua nebbia davanti ad un mare da subito ostile, minaccioso, ma questo è un Iran sospeso tra occidente e oriente, e se non bastasse l’eterno chador che sembra incollato sulla testa delle donne, ce lo direbbe la gestualità carica, esuberante, quel dinamismo motorio che a tratti scatena danze e risate che noi occidentali facciamo un po’ fatica a capire.
Quanto al resto, però, l’omologazione è a buon punto, le donne sono belle, slanciate ed emancipate quanto basta, indossano jeans e guidano fuoristrada. Nessuno stereotipo abusato, nessun sotto testo esibito.
Eppure le sovrastrutture crollano come un castello di carte, ci sono regole che riemergono, c’è un regime teocratico che detta la morale e i ruoli tra i sessi, mentire è un obbligo, anche dove non c’è niente da nascondere, bisogna insegnarlo anche ai bambini a farlo bene.
Solo nella cruda evidenza di un obitorio, là dove tutte le finzioni devono crollare per forza, il lavoro di demolizione delle maschere finirà.
Sottigliezze di regia nel creare spiazzamento e disagio nello spettatore, una fotografia che insiste sui filtri di un grigio/azzurro raggelante, inquadrature e movimenti di scena molto teatrali, primi piani e soggettive (in particolare le scene acquatiche) che richiedono una buona apnea da parte di chi assiste.
Forse un po’ lento nella prima parte, con un’insistenza eccessiva nel descrivere, prende pienamente quota nella seconda.
Accuse, sospetti, insofferenze, incapacità di comprendersi, il gioco perverso delle responsabilità che si rimpallano dall’uno all’altro, intorno alla scomparsa di Elly tra le onde si accumula un campionario di comportamenti che smantellano tutte le sovrastrutture di una modernità più esibita che autentica, scoprendo su quale fragile equilibrio si viva il rapporto con gli altri e, perché no? con sé stessi.
Donne determinate, sicure di sé, convivono con uomini infiacchiti, che sembrano accettarle come compagne fino a quando la criticità del momento riporta a galla vecchi codici di comportamento e la violenza esplode, con le parole e, se non basta, con i fatti. Ma poi tutto torna come prima.
Un film che scopre le carte e lascia turbati, pensierosi, si discute fuori dal cinema, ognuno la vede a suo modo.
Rashomon? Pirandello?
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