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Chéri

Regia di Stephen Frears vedi scheda film

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La recensione su Chéri

di giancarlo visitilli
6 stelle

Le reunion, come le ciambelle, a volte escono con il buco: Stephen Frears, Christopher Hampton e Michelle Pfeiffer, rispettivamente come regista, sceneggiatore e attrice protagonista, dopo circa vent’anni dal bellissimo Le relazioni pericolose, si sono riuniti. Ma l’età cambia tante cose e la belle epoque é ormai abbastanza lontana, anche dal cinema di un regista inglese che ha sempre stupito il suo pubblico. Christopher Hampton, dopo aver cercato di scrivere una sceneggiatura su Colette, adatta, invece, l’omonimo suo romanzo del 1920, rendendolo una commedia sentimentale, tutta giocata sulla sagacia, sulla malinconia borghese stereotipata e, nello stesso tempo, sulla frivolezza melodrammatica, tipica di quel periodo che, non a caso, vide lo stile liberty affiorare ovunque, sopratutto nella Parigi inizi Novecento. Appunto, in piena belle epoque, é ambientata la storia del giovane rampollo dell’alta borghesia, Fred Peloux, detto Chéri, che vive un rapporto d’amante, anch’esso liberty, con una dama dell’alta corte borghese, bellissima, sebbene non più giovanissima, Lea, amica della madre di Chéri. Rapporto estremamente difficile e  passionale, quello fra Lea e Chéri, straripante di giornate trascorse nell’ozio, all’ombra di incantevoli giardini, fra le lenzuola di seta che non fanno rumore e non lasciano neanche spazio all’immaginario del pubblico, con una Lea-Pfeiffer eccessivamente pudica. Ma il rapporto fra i due amanti, come nei migliori romanzi di genere, presto si interromperà, quando Chéri, costretto da sua madre, sposerà un’altra giovane fanciulla aristocratica. Anche Lea imparerà a scoprire che la sua relazione, più che pericolosa, é impossibile, data l’età.

Tutto il film é costruito sulla bellissima e bravissima Michelle Pfeiffer, coadiuvata dall’altrettanto immensa Kathy Bates. Due attrici e due donne che risultano di gran lunga distanti, quanto ad attorialità, rispetto a il solo bello Rupert Friend, del cui pianto, durante il film, abbiamo espressamente riso. 

Si nota un’eccessiva distanza non solo di genere fra Chéri e l’ultimo lavoro di Frears, The Queen, un capolavoro graffiante e politicamente scorretto, al modo giusto. Di Chéri, si apprezzano di più i costumi (Consolata Boyle) e le musiche (Alexandre Desplat), rispetto alla sceneggiatura e alla regia troppo poco concentrate, invece, sulla gestualità dei personaggi, riflesso poi della loro psicologia. Tutto é eccessivamente patinato e abbastanza scontato, vuoi per l’invadenza, dall’inizio alla fine del film, della voce off, che più che sottolineare l’ironia e la satira, senza dimenticare il dramma, a cui ci ha abituato questo regista attraverso altri suoi film, rende l’operazione ridondante .

Semmai, pensandoci, la mancata e reale separazione di Lea e Chéri (anche quando sono distanti, o in altre situazioni, si rincorrono con il loro stesso ricordo) rimandano ad un altro film del regista inglese, Alta fedeltà, ma soprattutto rievocano un problema antico e sempre nuovo. Non c’é giorno che passi senza che una verità come quella pronunciata nel film, non fa proseliti: “Il divorzio sarà senz’altro più allegro del matrimonio”.

Giancarlo Visitilli

 

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