Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
Un’opinione buttata giù al momento, era il lontano 2009, in preda a rabbia da tempo perso al cinema, fu poi da me rimossa in quanto ritenuto il film indegno anche di opinione negativa.
MA, vederlo oggi tra i film a quattro stelle, rinnova il furor che al cor gentil ratto s’apprende, e allora vai…
La "staticità di macchina da presa" e l' "assenza di accadimenti" , espressioni usate per definire i connotati stilistici di un film, possono anche essere un gran bel modo di fare cinema, ma allora parliamo d'altro, non di questo.
La parola più adeguata per definirlo è "petulante".
Le attrici ce la mettono tutta per dar vita a pupazzetti di legno, manichini senza senso che alla fine riescono solo ad irritare o, nel migliore dei casi, a far dormire.
Un repertorio di luoghi comuni da far invidia al dizionario di Flaubert, talmente abusati e pacchiani che uno si chiede se stia assistendo ad una parodia (e sarebbe anche troppo).
Ma no, il regista fa sul serio, forse anche la Comencini, a monte, non conosco il testo teatrale.
Ma se la donna è quello, allora viva gli uomini (ma neanche loro escono granchè bene dagli stereotipi che allegramente percorrono tutta la durata del film).
Ciliegina finale (le soluzioni di regia sono da manuale di consigli per chi vuole suicidarsi): lo sguardo
conciliatore, buono e un po' ammiccante lasciato alla macchina da presa dalle brave donne mentre scorrono i titoli di coda.
Come dire, siamo sempre l'altra metà del cielo, che ci volete fare!
E poi non c'è anche l'8 marzo a ricordarcelo quanto siamo noi il sale della terra?
Ma forse era un horror e io ho sbagliato sala.....
Arriva a ondate, stile tsunami, una Mina d'antan, che dovrebbe evocare un certo clima anni '60.
Se a uno piaceva Mina da quel momento comincia a odiarla
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