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Katalin Varga

Regia di Peter Strickland vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Katalin Varga

di alan smithee
8 stelle

Opera d'esordio fulminante e potente, suggestiva e di forte impatto, Katalin Varga racconta l'epopea silenziosa e determinata di una donna cacciata dal suo villaggio quando il suo compagno scopre che il figlio undicenne della coppia in realta' non e' suo figlio ma il frutto di una violenza sessuale subita anni prima. 
Alla donna non resta dunque che fuggire alla ricerca di coloro che la violarono; preso con se' il giovane foglio, la donna parte su un carretto e attraversa una natura selvaggia ed inquietante nel cuore dei Carpazi, dove pascoli erbosi fanno posto a scure foreste impenetrabili.
Peter Strickland usa il paesaggio e la musica non solo come contorno o adeguata scenografia. Entrambi diventano veri e propri protagonisti di un viaggio che assume i connotati di un giudizio divino: solenne ed inquietante, il bosco senza tempo che fa da sfondo ai due viaggiatori erranti, alla loro fuga disperata dopo un primo omicidio, diventa un elemento fondamentale di una fiaba gotica e quasi horror che ci vuole soprattutto far riflettere sull'eterna contrapposizione tra vendetta e perdono, elementi che da sempre condizionato i destini di una umanita' inquieta, da sempre sopraffatta, violata, abbruttita dalla sofferenza e spesso tenuta in vita da una irriducibile trama di riscatto ai danni di chi gli ha cagionato tanto dolore.
Un cinema povero di mezzi ma carico di valori, di simboli, di carica espressiva che ricorda, senza tuttavia eguagliarne ancora l'esito (ma siamo solo all'opera prima, dunque onore al merito!) certo cinema meraviglioso e raro di Sharunas Bartas o Bela Tarr, in cui l'ambiente circostante spadroneggia spesso la scena, in cui la costruzione precisa di scenografie seducenti  sottrae prepotentemente e scientemente la scena agli attori, in cui efficaci effetti sonori finiscono per dar parola ai sentimenti meglio e piu' efficacemente della voce dei pur convincenti protagonisti. Un meritato e coraggioso Orso d'Argento alla 59° berlinale, rimasto - guarda caso - completamente estraneo a qualsiasi forma di fruizione nel nostro discriminante e superficiale mercato distributivo.

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