Regia di François Ozon vedi scheda film
Parla di nascite, ma è l'ennesimo di una lunga serie di aborti l'opera numero 9 del prolificissimo regista François Ozon, il Cassano del cinema, un incompiuto perenne, uno capace di guizzi improvvisi come di svarioni della fantasia del tutto fini a sé stessi. Dopo Gocce d'acqua su pietre roventi e Sotto la sabbia (per citare solo due dei lavori precedenti), è così anche per Ricky, favola contemporanea su un'operaia (Lamy) che genera un angelo. Dal realismo della scena iniziale - un po' Loach, un po' i Dardenne - il film vira verso un registro dalle venature orrorifiche per poi farsi racconto fantastico in piena regola sulla morbosità del vedere e sul tema della diversità. La storia raccontata è quella di una donna dalle molte voglie che, da sola, sta crescendo una bambina (Mayance) e che ne ha dato un secondo in adozione perché fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Quando nella sua vita entra Paco (Lopez), i due avranno un bambino. I segni sulla schiena del neonato, che preludono alla comparsa di due ali, vengono scambiati per la prova di una violenza fisica. Lui, scottato dall'ingiustissima accusa, se ne va. Lei lo rimpiange ma poi lo ritrova quando il piccolo potrebbe tradursi in un affare.
Di amore e libertà - se non quella di volare del piccolo angelo - se ne trovano ben pochi in questo film dalla morale incerta, affidato a personaggi adulti ampiamente contraddittori, rispetto ai quali spicca la capacità di adattamento della piccola Lisa. L'ennesima idea originale e spiazzante, sprecata nel nome di un incedere narrativo farraginoso ed incerto.
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