Regia di Michele Placido vedi scheda film
Scamarcio, giovane celerino pugliese appassionato di teatro, viene infiltrato dai superiori all’Università La Sapienza, occupata dagli studenti guidati da Luca Argentero. Qui si innamora di una militante borghese, Jasmine Trinca, a sua volta attratta da entrambi i “belli” del cinema italiano. Sullo sfondo, i fermenti di un anno eccezionale, il 1968, con le sue tragedie e le speranze “ingenue” di una generazione che alzava per la prima volta la testa. Michele Placido, regista, fa i conti con il periodo storico che ha vissuto dall’altra parte della barricata, nella Celere, protagonista anche di cariche contro gli studenti. Non tutto brilla, nel film, questo è certo. C’è troppa voglia di essere esemplari, con scene simboliche poco fluide come quella del battesimo, o decisamente brutte come quella delle violenze di Avola sui braccianti. Un desiderio di “sintesi” che certamente nuoce alla riuscita dell’affresco, alla sua autenticità e al respiro narrativo. Detto questo, però, Il grande sogno ha un pregio innegabile: il cuore. È cinema popolare che si beve d’un fiato, e riesce nonostante i difetti a farti amare i personaggi. Soprattutto quello del poliziotto, così autobiografico (il rimprovero perché legge “Paese sera”, foglio comunista, lo subì sul serio il giovane Placido ed è vero persino nei dettagli) eppure con una dignità drammaturgica assoluta. Più sacrificato, forse anche per scelte estreme di montaggio, l’avanguardista Argentero, ma a Placido va riconosciuta la passione incondizionata verso una storia che è sua ma che si percepisce subito come nostra. La crisi della famiglia di Jasmine Trinca, arroccata nelle sue consuetudini sociali, non ha nulla di programmatico, è anzi descritta con una partecipazione che va oltre la scrittura, come se non si potesse fare a meno di identificarsi con nessuno dei personaggi, a partire da un padre (Massimo Popolizio, il “Terribile” di Romanzo criminale) e una madre (Alessandra Acciai) prigionieri frementi di un tempo, un luogo, una classe.
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