Regia di Lee Daniels vedi scheda film
Ho appena finito di leggere una recensione di questo film firmata da una persona che conosco ed apprezzo: è una stroncatura, peraltro venata di una certa acredine diciamo così "animosa". E la cosa mi dispiace, perchè io questo film l'ho amato. A dire il vero ho letto in giro opinioni piuttosto diversificate, però l'impressione è che i critici solitamente più avveduti e intelligenti hanno trovato il film eccessivamente "costruito". In effetti bisogna ammettere che il tema affrontato presta il destro a questo genere di critiche: le pene di una ragazza di colore che viene respinta dalla società e dalla famiglia fino a rappresentare una specie di calamita che attira tutte le angherie e i soprusi possibilie e immaginabili, su uno sfondo di dolore e di cupo pessimismo. Il tutto narrato utilizzando uno stile emozionante e coinvolgente, che infatti ha generato nel sottoscritto momenti di commozione. Che dire? Banalmente, è che le persone hanno soglie di sensibilità diverse. Precious, 17enne sottoproletaria di Harlem, è senza speranza. Obesa a livelli estremi, analfabeta, con due figli piccoli -di cui uno down- avuti (pensate un pò) entrambi dal padre, che fin da quando lei era ancora in fasce, la usava per sfogare le sue voglie. E soprattutto rassegnata alla convivenza con una madre-bestia che non fa che insultarla ed umiliarla dalla mattina alla sera. Come reagisce a questo inferno la piccola Precious? Fa quel che può. Diciamo che si muove su due piani. Uno reale e quotidiano, e l'altro di mera fantasia. Nel suo (squallido) mondo di ogni giorno il solo momento di quiete è la mattina a scuola, unico posto dove riesce a pensare, a riflettere, a realizzare una vaga parvenza di serenità. E poi bisogna dire che la fantasia non le manca, perchè Precious si è costruita un mondo immaginario, dove lei si muove flessuosa e sensuale, circondata di bella gente che la adora, e dove lei è ora cantante pop ora modella glam...e in certi di quei sogni ad occhi aperti si spinge perfino ad immaginare la mamma-mostro che le rivolge i soliti insulti, sì, ma con toni suadenti ed affettuosi, generando un effetto davvero surreale e grottesco. Ho trovato magistrale il registro scelto per raccontare il clima di squallore che avvolge il microcosmo in cui Precious si muove, supportato da luci, fotografia e colonna sonora decisamente funzionali e adeguate. E tuttavia non c'è niente da fare: se uno si mette in testa che un film è finto e fasullo, io non posso sindacare su questo e ognuno è libero di prendere le posizioni che vuole, ovvio. Parlando da cinefilo di lungo corso, mi sento di affermare che quel volto pesantemente ingrugnito, quasi una maschera sublime di indifferenza e dolore, resterà a lungo nella personale galleria del mio immaginario cinematografico. E, specularmente, è irresistibile quando la vediamo ridere di gioia nel mondo dei sogni che si è costruita per sopravvivere. Ricordo il mio pregiudizio la prima volta che colsi in giro notizie di questo film, mesi or sono. Dato il soggetto, avevo banalmente immaginato una specie di blockbuster spielberghiano, pericolosamente farcito di buonismo e pietismo, molto sull'edificante...e invece niente di più diverso. Infatti il film ha tutte le stigmate della produzione indipendente, zero patetismo buonista strappalacrime, e soprattutto è pervaso da uno stile estremamente aspro, ruvidissimo, duro, che fa a pugni con qualunque deriva mainstream. E proprio quest'ultima è stata la sorpresa più bella che mi ha accolto come spettatore. Il finale implica un'evoluzione positiva della vicenda, ma -attenzione- non è affatto consolatorio, perchè il pubblico ha chiara l'idea che anche dopo la parola "fine" la vita per una come Precious non sarà mai facile, anche perchè troppe sono le cicatrici che si porterà sulla pelle per sempre. Il primo impatto per lo spettatore è di stupore e disagio: un corpaccione sgraziato che si trascina stancamente, sul volto un'espressione catatonica, quasi autistica. Eppure la vediamo sorridere disarmante come una bimba quando ha di fronte chi la tratta con amore, tipo l'infermiere John (un fichissimo Lenny Kravitz quasi irriconoscibile!). Il potenziale umano di questo "essere" si rivela poi così devastante da influenzare le vite di persone che il caso le mette accanto. Prima fra tutte una insegnante che investirà tempo e passione per aiutare Precious ad uscire dal suo guscio. E poi le compagne di classe, che da bestioline dementi che erano, si scoprono "utili" stimolate dalla responsabilità di aiutare Precious. Le sequenze memorabili sono tante, ne vorrei evocare solo alcune. Precious in visita con la sua classe ad un museo. Il suo viso al centro, con la macchina da presa che le ruota intorno. Sullo sfondo i ritratti di M.L.King, Malcolm X, Angela Davis e molti altri. E lei che pensa "Un giorno tutto questo lo racconterà ai miei figli". Bellissimo. Poi ci sono i frequenti scontri tra lei e la madre mostruosa: uno in particolare, quello "definitivo", in cui la megera in preda ad un raptus estremo la insegue e alla fine le scaglia addosso addirittura un televisore. E poi c'è quell'incredibile monologo-sfogo conclusivo in cui la madre svela natura ed origine del Male assoluto che l'ha sempre condizionata: si tratta di una performance da pelle d'oca, che non a caso è valso all'attrice (Mo 'nique) addirittura un meritatissimo Oscar. Ma occorre soprattutto tributare un omaggio entusiasta alla strepitosa protagonista Gaby Sidibe, titolare di una prova indimenticabile. Bella anche la dedica finale che compare sullo schermo: "A tutte le Precious del mondo". I detrattori lo definiscono un film furbo e ruffiano. De gustibus. Per me è un meraviglioso inno alla dignità umana.
Voto: 10
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