Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
Tre poliziotti, il disincantato e quasi pensionato Eddie (Richard Gere), l’ultra cattolico e pieno di problemi “familiari” Sal Rosario (Etawn Hawke) e lo stanco infiltrato in una banda di spacciatori Tango (Don Cheadle), vivono la loro vita privata e lavorativa in una New York sporca e cattiva.
Antoine Fuqua, come aveva dimostrato con il suo notevole “Training Day” del 2001, conosce a menadito le possibilità sceniche e le miserie dei ghetti newyoykesi. Per questo la sua visione di una città e dei suoi quartieri degradati è realista e convincente. Con i suoi attori, sorta di comparse/simulacri di una miseria umana diffusa, inquadra vicoli, spacciatori, prostitute, squallide case confinanti con sopraelevate con un realismo quasi fastidioso. Perché ci fa accettare e piacere l’inferno cittadino di una megalopoli disillusa e sporca, sorta di maelstrom umano marcio fino al midollo. In questo contesto, le storie dei tre poliziotti ci mostrano le molte sfaccettature di un calderone umano senza speranza: chi cerca di arrivare vivo alla pensione sfangando l’ultima settimana di lavoro senza correre inutili rischi ed ha come unica amica/confidente un prostituta, chi è alla ricerca spasmodica di soldi per cambiare casa a causa della prole troppo numerosa (ignorando totalmente la contraccezione e il controllo delle nascite) e cerca nella religione un aiuto miracoloso alle sue molte colpe, chi oramai vive una vita “finta” da troppo tempo e vorrebbe farla finita e tornare ad un lavoro più tranquillo e chi vive e morirà nel suo quartiere quale membro di una gang, perché “c’è già una pallottola con il tuo nome sopra nel ghetto”. Le varie storie si intrecciano con un mai fastidioso montaggio alternato che ci mostra, da tra o più angolazioni, le peregrinazioni quotidiane di “bassa manovalanza” poliziesca e criminale alle prese con la violenta quotidianità. I protagonisti risultano convincenti e perfettamente in parte, forse rinvigoriti da una sceneggiatura ad orologeria che nulla lascia al caso (pur nella sua apparente semplicità), riuscendo a valorizzare perfino la prova di Richard Gere (pur con il suo fastidioso campionario di ammiccamenti facciali) ed a dare spessore alla sua migliore prova di attore forse di sempre. Bene ha fatto il regista a tornare, dopo un decennio e qualche film sufficiente (Shooter) o completamente dimenticabile (“King Arthur” e “L’ultima Alba”), a tornare sul luogo del delitto delle realtà che conosce meglio e che riesce a trasporre cinematograficamente con una sicurezza da veterano.
Dramatica.
Sicura.
Stanco.
Corroso.
Titubante.
Fiducioso.
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