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The Tree of Life

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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La recensione su The Tree of Life

di ed wood
8 stelle

Salutato come un capolavoro da alcuni, sbeffeggiato come un mega-pacco arty, tedioso e presuntuoso da altri, "Tree Of Life" è destinato a restare per svariati anni una delle opere più controverse della nostra epoca. Personalmente, questo film mi ha ipnotizzato per tutta la sua durata, entrambe le volte che l'ho visto. Nel mediocre e conformista panorama hollywoodiano dei nostri tempi, "Tree Of Life" svetta per ambizione, densità, forza visionaria. E già sapere che negli USA c'è ancora qualcuno capace di pensare in grande, senza per questo avvalersi di budget astronomici, 3D e quant'altro, è una buona notizia. D'altra parte, occorre andare coi piedi di piombo quando si parla di sperimentalismo formale per opere come questa, poichè diversi e fondamentali precedenti possiamo rintracciare in Resnais (l'ambiguità fra soggetto ed oggetto, tra fantasia e realtà; il flusso di coscienza), Tarkovskij (la scultura del tempo; la poesia dell'immagine) e il Kubrick di "2001: Odissea nello spazio" (l'approccio filosofico, la profondità e il rigore nel trattare la tematica più alta possibile: l'Uomo). Si tratta quindi di contestualizzare l'innovazione stilistica: nel caso di Malick, fuori dal comune per gli standard hollywoodiani, ma impossibile senza quei grandi cineasti menzionati. Ma al di là delle questioni di forma, ciò che più ha scatenato il dibattito è stato il contenuto. "Tree Of Life" è una preghiera. Un film religioso. Un film imbevuto fino al midollo di cristianesimo protestante, puritano, "statunitense". Per un fervido credente, "Tree Of Life" è il film della vita. Per un agnostico, è un'arma a doppio taglio: può respingere, tanto da risultare vacuo se non ridicolo in alcuni passaggi, oppure può costringere a riflettere su tutto ciò che la ragione non spiega. Ma attenzione: il dilemma Fede/Ragione non è affatto il tema del film, in quanto non si pone alcuna dialettica fra i due poli. Credo che la chiave per comprendere, almeno in parte, un'opera così complessa, risieda nel primo pensiero pronunciato dalla madre (una favolosa Jessica Chastain, impotente maschera di dolore cosmico): “Ci sono due modi di vivere la vita: la via della Natura e la via della Grazia.” La differenza è che la Natura cerca sempre di farsi compiacere ed ammirare, mentre la Grazia non teme di essere oggetto di insulti e di oblio. Questa frase, posta in apertura, stabilisce la vera dialettica del film e potrebbe costituire una metafora per tutto il cinema di Malick. Da una parte, abbiamo la bellezza enfatica e patinata di immagini troppo estetizzanti per commuovere (il famoso "effetto National Geographic" di cascate e colate vulcaniche; la pura virtualità di dinosauri creati digitalmente; gli idilli bucolici della classica Famiglia Americana accompagnati da musica sacra); dall'altra gli sforzi e i tormenti di una mdp mai doma, in moto perpetuo, spessa rasoterra (ad altezza di bambino), quasi mai intenta a cercare l'inquadratura precisa, e di un montaggio convulso, che non disdegna di corrompere tanta "bellezza artificiale" con brusche rotture e persino jump-cut (espediente eversivo e anti-armonico per eccellenza). E' una mdp alla disperata ricerca di Dio. "Fammi vedere quello che tu vedi" è la preghiera che il ragazzino rivolge al Signore: Malick e il suo cinema tentano di esaudirla. Il cinema "metafisico" non nasce certo oggi: lo hanno praticato decine di autori in passato, diversi per epoca e background culturale. Ma forse in nessun'altra opera come in "Tree Of Life" è percepibile l'intento scoperto di cogliere la presenza invisibile dello Spirito, i suoi movimenti da un corpo all'altro, da una coscienza all'altra. La vertigine di una messinscenza da capogiro, di un mezzo cinematografico che pare non avere confini espressivi (pur rimanendo limitato nelle due dimensioni), l'inquietudine di un'immagine che non vuole e non può cristallizzarsi, specchio della labilità del ricordo, svelano l'inconsistenza di una Natura tanto "bella" quanto crudele e priva di anima, cercando affannosamente una Grazia che gioca a nascondino fra le pieghe dell'esistenza. E se la Natura, l'immagine, la bellezza è un dato, ciò che invece è frutto di una ricerca difficoltosa e dolorosa è propio la presenza divina: e il linguaggio cinematografico, coi movimenti di macchina, il montaggio, il sonoro e tutto il bagaglio espressivo della Settima Arte, si impone come mezzo prediletto, strada maestra alla sua Rivelazione. In questo senso, "Tree Of Life" pare un vero e proprio atto di Fede nei confronti del cinema come sonda dell'animo, come strumento di indagine anti-naturalista. Come nelle opere precedenti dell'autore texano, anche qui la Natura contiene in sè tracce di Male come di Grazia: ma mai come in "Tree Of Life", lo sguardo della mdp si pone come scalpello usato per far emergere la presenza dell'uno e dell'altra dall'indistinto fluire di materia/immagini/eventi. Scultore non del Tempo è Malick, ma della Natura, della Coscienza e della Memoria. Con tutte le perplessità e le ambiguità che un film del genere reca con sè, è difficile sottrarsi al suo fascino visionario. Una critica che gli è stata mossa riguarda il semplicismo del discorso, sino a sconfinare nei più vieti stereotipi sulla cultura cristiano-americana, ma non dimentichiamoci una cosa: Malick è un docente di filosofia e quando gira un film ragiona come un filosofo, ossia per categorie. La Madre, il Padre, il Figlio, il Fratello, Dio, il Bene, il Male, la Natura, la Nascita, la Morte etc...Di conseguenza, anche l'estetica convenzionale con cui queste categorie vengono esposte (si veda anche la rappresentazione del Paradiso nella parte finale) rientra in questa prospettiva puramente filosofica, quindi concettuale, adottata dall'autore (la stessa di Kubrick in "2001"). Sospeso fra cine-poema su Dio e saggio critico sull'Uomo, adottando una struttura tripartita che unisce il presente, ingabbiato nelle prigioni di vetro della metropoli, ad un passato la cui memoria è resa vivida dall'incanto cinematografico, giungendo ad un finale di pura astrazione e di puro sentimento, "Tree Of Life" riesce a cogliere la complessità, la ricchezza, l'ineffabilità della vita stessa.

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