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The Tree of Life

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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La recensione su The Tree of Life

di LAMPUR
4 stelle

“Vede Dio anche chi vede  Dio che si allontana da noi?”. Questo ed altri monumentali (o macrocosmici) quesiti tra quelli proposti dall'ultimo Malick assieme alla microcosmica epopea della famiglia O'Brien. Marito e padre autoritario, stile old america cinematografato ormai miliardi di volte; moglie e madre candidamente remissiva - anch'esso modello cinematografato  miliardi di volte -, e  tre figli maschi incastrati nella crescita e nell'analisi (almeno il primo, gli altri due contornano giulivi fino a che il secondogenito muore scatenando rimorsi,  rimpianti ed escatologiche crisi di coscienza).

Malick introduce un avvincente parallelo tra: storia ed evoluzione dei massimi sistemi e storia ed evoluzione minimale; il piccolo Jack nasce, cresce e si ritrova adulto nei panni di uno Sean Penn  tormentatamente iconografico.

Grazia e Natura guerreggiano su sfondi naturalistici dai quali c'attendiamo faccia capolino, da un fotogramma all'altro, Piero Angela, magari  dietro ad uno dei dinosauri  cartonati (a proposito, Industrial Light & Magic, no eh?!.. siamo ancor agli effetti Trumbull anni '70...), mentre regia e montaggio, ai ralenty soronamente coreggianti che omaggiano le peripezie evoluzionistiche, alternano macchina freneticamente  a spalla e riprese sghembe nell'accompagnare i più rudimentali passettini di una famigliola stereotipata.

Ma si amano quei due? Ma si parlano? Ma che li fanno a fa tutti 'sti bambini? Sono alcune delle domande che rimbalzano in sala mentre dallo schermo ce ne diffondono di ben altro calibro: perchè Dio permette il male? Perchè il dolore se vado in chiesa tutte le domeniche? Perchè il vicino c'ha più soldi di me?

In questa fase saccheggiamo anche A Bug’s Life – Megaminimondo, intrufolandoci nella vita degli O'Brien ma da sotto il letto, da dentro la vasca, occhieggiando dagli stipiti, smolecolando il quotidiano, controluccicando a scatafascio, cross-screen ad ogni apparir di sole, impietosi primi piani sempre davanti ad almeno una finestra tendinata o sfumanti abatjour, eppoi le gelosie tra fratelli ma anche il volersi/potersi fidare da parte del de cuius (io indagherei un attimo su chi l’ha fatto fuori…), uno Stand by me riparametrato a guisa  d’album fotografico, ogni scena un'istantanea: cani mici panni alberi innaffiatoi ...cose fiori nomi città.

Ed ancora corse, campi lunghi, campi lunghissimi, indugi e concitazioni, piani americani e americani al palo, grandangoli e riprese rasoterra, amori in embrione, seggiole che si spostano da sole, abbaini irraggiungibili, mamme che levitano, vestaglie al fiume, carriere algide e pensierose, futuri crucciati ma sempre con tante, tante finestre.

E neanche troppo carogna il Brad Pitt che non vuole esser sfidato, peggio il Jack ragazzo allora, mentre immagina  che il cric si sblocchi mollando l'auto sull'amato papà... (tra le migliori scene del film - c’è ancora compassione: un dì remoto un velociraptor non spiaccica la testa ad un suo simile, oggi uno sbarbatello non sgancia il cric deus ex machina - assieme a quella dell'annuncio telefonico a Pitt della scomparsa del figlio nell'assordante frastuono d'un aereo in pista che lascerà immediatamente spazio a gravoso silenzio attutito) ma lo perdonerà da grande (natura o Grazia?), e per cellulare ovviamente, prima ancora che tutti si re incontrino in un limbo ventoso molto City of  Angels.

Sto invecchiando anch'io probabilmente. Smarrisco sensibilità. Avrei bisogno di fotogrammi posati senza troppi giri della morte. Almeno per meravigliare l’anima satura di déjà vu.

Eppure solo qualche giorno fa m'ha turbato addirittura il vituperato Colin Farrell, eroico soldatino in Sotto corte marziale... allora c'è un rigetto per il nuovo, per l'azzardo, per il tentativo di leggere il mondo dall'alto, dagli albori, anche se con la mdp a filo d'erba?

Chissà.. certo almeno un interrogativo pazzesco mi è balenato in mente sui titoli di coda imprigionandomi basito ai braccioli; e qui la classe di Malick, quel sottile instillare esitazioni tra le pieghe di una visione altrimenti abulica, quel poter percepire anche un solo alito di mutamento a scaldare l'anima come lava primordiale si è  palesamente manifestato:

come hanno potuto le macroorecchie del Jack ragazzo trasformarsi nelle microorecchie del Jack uomo, indolente Sean scocciato alquanto per le scene tagliate  (la lotta col dinosauro sembra essere tra quelle che più bruciano...).

Rimaniamo con amletico dubbio: forse la metafora dell’evoluzione che si ringoia fino all’azzeramento? O forse fu galeotto l'impatto micro/macrochirurgia ?  

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