Regia di Nick Cassavetes vedi scheda film
Ci sono lacrime e lacrime. I coccodrilli ne sanno qualcosa. Il problema delle lacrime è una faccenda cinematografica e non pavloviana. D’altronde se in un melodramma non si piange, probabilmente il film non funziona. Eppure non basta pigiare a fondo l’acceleratore del patetismo per commuoverci: ossia farci letteralmente muovere assieme al film. Il mélo pone problemi che vanno affrontati attraverso un’etica della messinscena. La custode di mia sorella offriva potenzialmente terreno fertile. Eppure resta distante dalla incandescente sobrietà emotiva (ossimoro obbligato) di titoli come Di chi è la mia vita? di John Badham e Un medico, un uomo di Randa Haines. Cassavetes jr. ritiene il mélo ricettacolo di luoghi comuni. Flou, ralenti, voci off, colori oro e ocra, dettagli quasi gore abbondano ma non ci toccano mai il cuore. Odiosa com’è, Cameron Diaz è l’unico personaggio umano del film. Il regista, invece, la spreca perché teso solo a estorcere pianti e non a creare emozioni. Nei melodrammi si muore perché si sogna la resurrezione. E si vince perdendo. È una faccenda di fede. E non solo nel cinema. Anche nelle cose e negli uomini. Da Sirk a Matarazzo passando per Fassbinder funziona così. Nick Cassavetes è davvero la vendetta di John nei confronti di Hollywood.
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