Regia di John Madden vedi scheda film
La materia umana di Killshot, film tratto dall’omonimo romanzo di uno dei maestri del noir Elmore Leonard, è davvero esplosiva: marito e moglie, forse innamorati, ma in crisi, un balordo logorroico e la sua inquieta ragazza, infine un enigmatico sicario indiano al soldo della mafia, il cui nome parlante “corvo nero” evoca i cimiteri sepolti sotto le villette e gli alberghi degli horror di King tornati in vita, fantasmi dei vecchi western, per vendicare gli oltraggi subiti dagli usurpatori. Eppure Madden, avvezzo forse all’immobilità dei palcoscenici di Skakespeare in Love e Proof, non riesce a far scoccare le scintilla e il volto trucemente epico del guerriero vissuto Micky Rourke sbalza inutilmente nella progressione piattamente lineare dell’azione- con vistosi buchi grazie ai tagli qua e là: i suoi silenzi interrotti da laconiche sentenze restano senza eco. La fisicità esorbitante unita alla saggezza sintetizzata in aforismi ricorda allo spettatore cinefilo ad esempio il Chigurh/Bardem di Non è un paese per vecchi, o magari la bulimia ironica dei macellai tarantiniani, se non che il lungometraggio non scava più di tanto nell’abisso della psiche omicida: un pizzico di lucida follia, beffardo superomismo, rivalsa dell’emarginato, sgorgano a fiotti dall’espressività tumefatta dell’interprete e ne rimangono imprigionati.
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