Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
L'ormai ottantenne Chabrol (classe 1930) non ha ancora perso la voglia di scandagliare l'animo umano, stupire e soprattutto raccontare; questo Bellamy è infatti un buon noir psicologico con doverosa serie di colpi di scena e finale assolutamente aperto. Depardieu protagonista è una certezza, ma è bravo anche l'affascinante Gamblin, antagonista e al tempo stesso compagno di sventure del commissario Bellamy, che per lui infatti in fondo simpatizza; sceneggiatura di Chabrol e Odile Barski ricca di sfumature sottili: il rapporto di amore-protezione e odio fra Bellamy ed il fratello minore, l'erotismo che la moglie del commissario, pur non particolarmente bella, continuamente esprime, l'inquietudine che accomuna pressochè tutti i personaggi, che paiono sempre pronti al peggio, la depressione del fratello che si scontra con l'apparente serenità dell'assassino (o presunto tale). C'è un grande lavoro di scrittura per quanto riguarda la dimensione psicologica dei personaggi, sebbene la sostanza della trama non vada molto oltre a quella di un convenzionale noir: un apparente colpevole, un'indagine in corso, un commissario simpatico per cui tifare, una serie di avversità sulla sua strada, lo scioglimento finale del nodo, che comunque non dà certezze sull'effettivo raggiungimento della giustizia. E che apre nuovi scenari nell'ultima sequenza, quando si scopre che "c'è sempre un'altra storia, qualcosa di più di ciò che l'occhio riesce a cogliere". Ricorrono il nome e la musica di George Brassens. 6,5/10.
Un uomo decide di uccidere in un finto incidente stradale un barbone che gli somiglia, per poi fingersi morto al posto suo e poter fuggire indisturbato con l'amante. Ma il barbone ruba l'auto e si suicida in un incidente vero; il presunto assassino si consegna da solo al commissario Bellamy, in quel momento in vacanza e per di più assediato dal fratello alcolizzato e depresso. In qualche modo Bellamy riuscirà a risalire all'innocenza dell'uomo, ma i dubbi rimarranno tanti...
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