Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
Solido film d’impianto classico, State of Play rimanda alla genuinità di film d’impegno d’ambientazione giornalistica degli Anni Settanta e all’efficacia moderna della serialità anglosassone, da cui prende la mosse come condensazione di una serie breve della BBC.
L’adattamento al contesto americano permette un adeguamento a tematiche di viva attualità (i mercenari e le multinazionali militari) ma il continuo gioco di piste false e di inganni nasconde un’anima melodrammatica che finisce con tradurre in macguffin l’esibizione d’impegno. La sovrabbondanza di materiale diventa allora partecipe del senso di straniamento dei personaggi, funzionale alla complessità labirintica di anfratti esistenziali e delittuosi vertiginosamente interconnessi.
È un film di rimpianti e rancori, di dolori compressi nell’incomprensione e nell’equivoco, di amori sfumati e amicizie deluse, di gelosie contorte e strategie ciniche, di mitologie professionali e umane fuggevoli, di un cinema all’antica che rischia l’estinzione.
L’attenzione alla recitazione e la drastica realizzazione permettono al regista una gestione ellittica della materia, di tracciare percorsi individuali e sentimentali con pochi accenni, di gestire l’azione con parsimonia iniettandola nella stessa struttura narrativa che ha la velocità della concitazione e la tensione della dinamica investigativa. Supportato da un cast ineccepibile seppur non accademicamente banale nella resa interpretativa, State of Play è un film alla scoperta della verità, non solo dell’accaduto e della cronaca, ma soprattutto dell’umanità disdicevole dei personaggi e della prepotenza dell’opportunismo. Distaccato ma senza freddezza, obiettivo e partecipe, il film di MacDonald nasconde un’anima addolorata dalla disillusione, grida sommesso un pianto melodrammatico sull’impossibilità della felicità e sulla fugacità dei sogni, sull’inganno protratto e sulla disillusione dell’onestà, giornalistica o privata, che rivela inequivocabilmente ciò che si vorrebbe solo poter far finta di non vedere.
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