Regia di Bill Guttentag vedi scheda film
All’ABN (American Broadcast Network) si lavora alacremente per trovare un modo nuovo di fare televisione e inventare un reality appassionante per milioni di americani. La ricerca è difficile e qualche spunto non manca (come far rincorrere i partecipanti dalle auto della polizia oppure riprendere il percorso degli spermatozoi fino all’ovulo per vedere chi arriva per primo).
Quando, quasi per burla, ecco emergere l’idea nuova, assoluta, quella che sbancherà e otterrà un successo assicurato… una roulette russa in diretta. D’altra parte, alla nostra ABN, sembra necessario uniformarsi alla carrellata di porcherie che trasmettono le altre tv e quindi chi se ne frega della censura, del buon senso e della legalità?
Cercando di descrivere i presupposti e la trama del film già si rischia il ridicolo ma dovreste vedere questi pimpanti direttori di rete (i quali si eccitano letteralmente) all’idea del programma del secolo: tutti (o quasi) galvanizzati ed entusiasti della nuova trovata. Non è una cosa originale invece la descrizione di una tv arrivista, senza scrupoli ne’ rispetto per le persone, disposta a mettere a repentaglio le loro vite pur di alzare l’audience. Una televisione dove non esistono più regole e dove tutto è lecito.
Per autogiustificare le proprie ambizioni di diventare il primo network a entrare nella Storia Mondiale dell’Immagine si rispolverano paragoni con gli spettacoli all’interno del Colosseo ai tempi di Roma Antica e si richiamano i moti giacobini e le ghigliottine ai tempi della Rivoluzione Francese con uno spruzzo di storia americana (non potevano mancare gli astronauti dell’Apollo 11 alla conquista della Luna).
Pioniera di questa “ventata di aria nuova” è la producer Katy/Eva Mendes, pronta a tutto pur di convincere i collaboratori, gli avvocati, gli sponsor e i direttori di rete che, se si vogliono ottenere gloria e fama, questa cosa “s’ha da fare”.
Fin dai primi provini ci si accorge che gli smaniosi partecipanti non vanno bene, si presentano soltanto maniaco-depressivi, malati terminali, guerrafondai in uniforme militare; tutti disperati aspiranti suicidi. E chi li vuol vedere!? Urge ricorrere al Dio denaro e aumentare la posta in palio: chi rimarrà vivo dal giochino della roulette russa (1 solo vero proiettile e gli altri 5 caricati a salve), vincerà non uno ma bensì 5 milioni di dollari! Ecco che il campo dei concorrenti si allarga: iniziano a pensare alla partecipazione coloro che hanno comunque una gran voglia di vivere la vita, oltre la soglia di quella normale, persone che non si accontentano di un buon anonimato o della mediocrità ma che vogliono tutto e subito, tutto o… NIENTE.
Non mancano gli angoli dedicati alle storie patetiche e strappalacrime in stile Big Brother e in linea perfetta con i reality che seguiamo attualmente attraverso le nostre tv; a tal proposito una scena veramente penosa e insulsa la offrono i produttori del programma che si emozionano assistendo a uno dei casting suddetti. Roba da far accapponare la pelle per quanto la sequenza non esprima assolutamente niente.
I clichè ormai la fanno da padrone: tra i partecipanti non poteva mancare il ragazzo gay messicano deluso dalla vita e in cerca di riscatto da una condizione sociale sfavorevole.
Affiora pian piano l’idea che la pellicola non riesca ad essere una critica sulla tv e sui suoi contenuti ma, piuttosto, diventi essa stessa il contenuto. Non assistiamo più a un film ma allo show stesso! Quello che dovrebbe essere l’oggetto di denuncia è invece la sostanza. La sceneggiatura non da spazio al contraddittorio, il film fila dritto per la sua strada senza guardare al colore dei semafori. Manca qualsiasi elemento che richiami alla parodia e pertanto lo spettacolo rimane impantanato e freddo. Niente a che vedere con le profonde meditazioni di alcuni illustri predecessori che hanno trattato lo stesso argomento (non si dovrebbero nemmeno menzionare per rispetto): mancano la lucidità e il rigore di “Quinto potere” (1976) di Lumet e il voyeurismo e il degrado de “La morte in diretta” (1980) di Tavernier.
E’ per tutta questa serie di motivi che, alla fine, non ce ne frega proprio niente se, mentre va in onda il tanto voluto show, l’avvocato della rete fa capire la sua disapprovazione attraverso dei grugniti improbabili, gli ideatori si mostrano tesi riguardo alla sorte dei concorrenti come a quella dello share, i familiari stringono i pugni e soffrono in prima fila. Men che meno prendiamo in considerazione la disperazione e gli urti di vomito della Eva Mendes a cinque minuti dalla fine del film.
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