Regia di Volfango De Biasi vedi scheda film
Tentativi di attualizzazioni di Shakespeare si contano sulle dita delle mani di una città metropolitana, e quindi poco ci meraviglia che una fonte così copiosa generi remake moderni. Prenderli con le pinze è d’obbligo, ma qualche volta (se di mezzo c’è Kenneth Branagh, per esempio) gli esperimenti sono curiosi Il problema entra in scena quando il Bardo viene ridicolizzato come azzardatamente fa Volfango De Biasi, già regista del discutibile Come tu mi vuoi di pirandelliana memoria (ma solo nel titolo): dell’Otello shakespeariano si riprendono personaggi (il Moro, Desdemona, il di lei padre e, appunto, Iago e tutti gli altri), luoghi (Venezia) e situazioni, ma il prastocchio è inevitabile.
Aggiornato ai modelli giovanilistici inaugurati dal moccismo (Brizzi, che piaccia o no, ha una sua idea di cinema; i mocciosi, da De Biasi a Prieto passando per Moccia stesso, no), l’opera viene svilita, disinnescata del suo potere tragico, rottamata. Il glamour prende il posto dell’evocazione teatrale, la stilizzazione dell’estetica e la banalità del mito e tutto si riduce ad una buffonata in cui Iago è vittima in quanto povero e talentuoso e Otello è carnefice in quanto ricco e raccomandato: il concetto di fondo è condivisibile, il resto un po’ meno. Vaporidis è credibile come un cavolo a merenda; Laura Chiatti è sfacciatamente bella. Il mostro sacro Gabriele Lavia è incredibilmente complice, ma d’altronde il prezzo del pane si è alzato.
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