Regia di Paul McGuigan vedi scheda film
I supereroi sono ovunque. Il cinema d’oggi assomiglia alla Neopolis di Alan Moore dove tutti sono dotati di superpoteri. Push appartiene al filone cospirazionista: i supereroi ci sono ma non si vedono e il governo li vuole sul proprio libro paga. La sindrome è quella del supersoldato di Joe Simon e Jack Kirby, ma il prologo fa risalire agli esperimenti nazisti l’epifania delle varie superabilità. Telecinesi, chiaroveggenza, segugi umani: i protagonisti del film di McGuigan sono come X-Men homeless e un po’ grunge in attesa dell’avvento di un Charles Xavier redentore. Aderendo all’estetica post-Heroes, Push rinuncia alla calzamaglia messianica accentuando il versante “superproblemi”. Realizzato quasi interamente a Hong Kong grazie alle strutture logistiche e produttive offerte dalla Milkyway di Johnnie To, McGuigan orchestra uno spettacolo rutilante coadiuvato nella seconda unità da Bosco Lam, regista cresciuto all’ombra di Wong Jing per il quale ha diretto tra gli altri A Chinese Torture Chamber Story. Le centinaia di generici e tecnici cantonesi che affollano i titoli di coda avranno fatto il resto, considerato che il film schizza via veloce con una leggerezza altrimenti ignota al regista di Slevin. Patto criminale.
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