Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
Guy Ritchie, un uomo, una certezza; con furia iconoclasta è riuscito a demolire una delle figure più famose partorite dalla letteratura popolare/poliziesca, che ha influenzato generazioni di lettori e registi, trasformandolo in un dozzinale eroe da action movie. Le decantate istanze moderniste di uno Holmes lottatore scapestrato e bohemienne, presentate dalla critica generalista come epocali, sono solamente il sintomo dell'ignoranza letteraria del regista/sceneggiatore: se si fosse preso la briga di approfondire la figura del personaggio (lo so, lo so, non bisogna sempre fare paragoni con la fonte letteraria di una pellicola, ma in questo caso mi pare inevitabile), avrebbe scoperto che l'investigatore inglese veniva già descritto da Doyle come un ottimo pugile e dotato di una forza eccezionale (anche se non evidente a prima vista), quindi l'unico suo merito sta nell'averle rese (male) al pubblico cinematografico non appassionato di letteratura. L'interpretazione di Downey Junior, poi, è particolarmente irritante, piena di mossette e tic (pare) incontrollabili, mentre un insolitamente intelligente Watson (Jude Law) gli ruba, a volte, la scena, declassandone il valore. Ritchie, in definitiva, pesca un pò a destra e a manca nelle precedenti trasposizioni cinematografiche, ibridandole con la sua (mediocre) idea di cinema, riuscendo più ad assomigliare al pessimo Pitof (Vidocq) che a Billy Wilder.
Dozzinale.
Scopiazzata: un misto tra il Morricone di "Giù la Testa" e la sigla di "Attenti a quei due".
Irritante, particolarmente fastidiosi i ripetuti "rallenty" e "flash forward".
Ipercinetico.
Compassato.
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