Regia di Florestano Vancini vedi scheda film
Meritatamente premiato come migliore Opera Prima alla XXI Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia nel 1961, il primo lungometraggio di Florestano Vancini è un film ad alta tensione drammatica, con un finale a dir poco triste e sconsolante. La vicenda narrata ci porta a Ferrara nel 1943, all’indomani dell’8 settembre. I fascisti, come belve ferite, sono più che mai pericolosi e violenti. Mettono in atto una strage per rappresaglia in seguito ad un assassinio da loro stessi ordito. In questo contesto si muovono personaggi ottimamente interpretati e caratterizzati. Gabriele Ferzetti è uno degli innumerevoli sbandati di quei giorni e vive più o meno nascosto nella casa del padre, un antifascista della prima ora. Enrico Maria Salerno incarna con la consueta bravura un membro del partito fascista, ormai estromesso dalla politica perché paralizzato e segregato in casa insieme alla bella moglie (Belinda Lee), che non manca di accettare le avances del giovane e seducente Ferzetti. Con Gino Cervi ci troviamo di fronte al classico fascista stupido e tronfio, capace di spargere dolore e ingiustizie a piene mani, più per imbecillità che per vera e propria cattiveria. Girato in parte a Ferrara (riprese esterne) e in parte a Roma (ricostruzioni in studio), il film si avvale di una buona fotografia in bianco e nero, di scene che rinviano al neorealismo, ma dalle quali fanno capolino immagini che ricordano la Nouvelle Vague.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta