Regia di Edward D. Wood Jr. vedi scheda film
Tutto si può dire di questo film: che sia disadorno, scipito - se vogliamo - e finanche insulso, però non che sia brutto. La bruttezza è disarmonia che disturba, inducendo a distogliere lo sguardo, ma tale caratteristica non si coglie in questo innocuo film che, anzi, è quanto mai piatto ed uniforme nello stile, assolutamente coerente nella sua poetica del basso profilo, dei mezzi toni, e del minimo sforzo. "Piano 9 da un altro spazio", con i suoi vistosi errori di montaggio e la clamorosa approssimazione nella messa in scena, è certamente un caso cinematografico, troppo plateale per essere liquidato, semplicemente, come uno storico, quanto increscioso, episodio di sciatteria registica; quest'opera sembra, piuttosto, il genuino prodotto di un approccio immediato, di un principio del "detto fatto", che porta le idee direttamente sul set, senza chiedere loro di assuefarsi alla realtà e di creare l'illusione. Questo film parla il linguaggio medio degli spettatori amanti degli Z-movies, che leggono una pellicola come una striscia di fumetti, pensano per tautologie e si emozionano al ritmo di un puerile sensazionalismo. Per loro la storia, come in un libro illustrato, è fatta di singole immagini abbozzate, commentate da parole concise ed elementari. La continuità non conta, in un discorso spezzettato in singoli quadri, nel quale, tra l'altro, prima o poi, bisogna pur voltare pagina. Il ruolo della mente è azzerato, in questa operazione, sia rispetto all'elaborazione logica, sia rispetto alla valutazione estetica: Ed Wood realizza così un capolavoro dello spettacolo allo stato puro e ridotto all'osso, che vuole bastare a se stesso, e che non ha proprio nulla di artistico, né di intellettuale, da rivendicare. E, proprio per questo motivo, si sottrae ad ogni giudizio.
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