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Serge Gainsbourg, vie héroïque

Regia di Joann Sfar vedi scheda film

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La recensione su Serge Gainsbourg, vie héroïque

di hupp2000
10 stelle

Probabilmente, questo film non verrà mai distribuito in Italia e, per una volta, ne comprendo la ragione. Riuscirebbe ostico persino ad uno spettatore francese che non conosca a fondo vita e opere dell’artista. Oltre un milione e centomila ingressi nelle sale e 7 milioni previsti al suo passaggio in televisione indicano che in Francia tali spettatori sono pochi. Serge Gainsbourg è una delle figure più popolari della “chanson française” del XX secolo. Chi si è preso la briga di raccontare in 130 minuti la vita di uno dei personaggi più sulfurei e poliedrici della sua epoca aveva dinanzi a sé non pochi ostacoli da superare. In primo luogo, era necessaria una straordinaria capacità di sintesi. In trent’anni, Serge Gainsbourg è stato cantante, compositore, regista, attore, autore di grandi colonne sonore. Ha contribuito al successo di personaggi come Françoise Hardy, Brigitte Bardot e Jane Birkin; ha lanciato dive, da France Gall a Vanessa Paradis, ha fatto cantare attori come Catherine Deneuve e Jean-Claude Brialy. L’elenco non finirebbe mai. Il secondo ostacolo non era di portata minore: trovare l’attore all’altezza del ruolo. La prestazione artistica (“le jeu de composition”, come si dice in francese) di Eric Elmosnino ha dell’incredibile, supera addirittura quella di Marion Cotillard nel ruolo di Edith Piaf in “La vie en rose” (di Olivier Dahan, 2007). Certo, a differenza di Marion Cotillard, Eric Elmosnino ha potuto contare su decine di ore di materiale filmato da studiare. Sfruttando al meglio questo vantaggio, non si è limitato ad imitare, per quanto possibile, la voce del cantante, ma è riuscito a riprenderne il modo di parlare, di muoversi, ridere e provocare, di bere e fumare ossessivamente, riproducendone i tic nei minimi particolari. Il risultato è sorprendente. Più di una volta, si ha l’impressione di assistere ad un documentario. L’interpretazione di Eric Elmosnino è talmente intensa da fargli rischiare di restare ingabbiato a vita nel personaggio, come già accaduto a non pochi attori prima di lui. Terzo ostacolo, il casting. Nessun problema per la prima parte del film, in cui vengono raccontati l’infanzia di Lucien Ginzburg (il suo vero nome) e i suoi primi passi, dalla Parigi occupata dai nazisti alla Parigi degli artisti. In breve tempo, però, Gainsbourg si trova confrontato a figure ben più popolari di lui. per i rispettivi ruoli, si tratta di trovare i volti da dare a France Gall, Juliette Gréco, Brigitte Bardot, Jane Birkin e una moltitudine di altri personaggi. Le scelte sono tutte indovinate, ma spicca l’interpretazione di Laetitia Casta nel ruolo di Brigitte Bardot. Quasi irriconoscibile per il trucco, riesce ad essere più bella di se stessa, come richiesto – per forza – dal copione. Quarto ostacolo: mostrare il lento e inarrestabile suicidio di Serge Gainsbourg (a suon di gitanes e alcool) senza compassione né giudizi morali. Gainsbourg beve sempre, fuma sempre (anche e soprattutto quando canta), muore quasi letteralmente a fuoco lento, ma è una scelta, un modo di vita voluto e vissuto consapevolmente. La parte finale del film avrebbe potuto essere molto più sgradevole. Si chiude invece, e giustamente, prima del degrado, che non è di alcun interesse di fronte all’opera immensa che ha lasciato dietro di sé. Superati brillantemente questi ostacoli, il film offre in aggiunta alcune gradite sorprese. Inizialmente, Serge Gainsbourg non aveva alcuna intenzione di scrivere e interpretare canzoni. Voleva essere pittore. Realizzò molti quadri e, un bel giorno, li distrusse tutti per dedicarsi alla musica. Cosa avvenne nella sua mente e come si svolsero effettivamente i fatti è rimasto un mistero che il film risove inserendo nel racconto una figura immaginaria e surreale, un alter-ego grottesco, che gli somiglia con tratti enfatizzati (nasone sproporzionato, enormi orecchie, dita di 20 centimetri) e funge da grillo parlante, quello che lo spinge a scelte che portano al vero successo. Devo dire che la trovata funziona, perché lascia all’immaginazione risposte a domande impossibili quando si parla dei sentimenti intimi di una grande personalità. Infine, un cameo davvero eccezionale. Serge Gainsbourg e Jane Birkin propongono un nuovo brano al loro produttore discografico. Cassetta in mano, gli fanno ascoltare “Je t’aime, moi non plus” (unica canzone di Gainsbourg conosciuta in Italia). Il produttore esclama: “Ragazzi, se pubblico questa roba, finiamo tutti in galera!... Va bene, la pubblico!”. Il persomaggio è interpretato da Claude Chabrol, nella sua ultima apparizione in veste di attore.

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