Regia di Rebecca Miller vedi scheda film
Rebecca Miller, figlia del celebre drammaturgo Arthur e moglie del pluripremiato ed acclamato attore Daniel Day Lewis, è stata attrice ed ha diretto sino ad ora tre lungometraggi: tutti belli e riusciti.
L’ultimo di questi (gli altri sono Personal Velocity e La storia di Rose e Jack), mai giunto sui nostri schermi cinematografici, nonostante il cast faraonico che lo popola, è proprio questo “The private life of Pippa Lee”, che consente alla splendida e bellissima attrice Robin Wright di apporre un altro tassello indimenticabile alla propria non trascurabile carriera, impersonando un ruolo forte e incisivo come forse non succedeva dai tempi dell’ottimo “She’s so lovely” di Nick Cassavetes.
La storia di una ancora bellissima quarantenne agiata, moglie di un uomo molto più vecchio di lei e madre trascurata e messa da parte di due figli sempre distanti o apatici, viene raccontata con perizia e calibrati flash-back che ci illustrano pure la genesi di una insicurezza latente che cresce col passare degli anni, che colpisce una bellissima giovane insicura Pippa ancora studentessa (interpretata in questa fase giovanile dalla super top model Blake Lively), bisognosa di sostegni prima da parte di una madre amorevole, ma pure problematica a causa della sua ossessione per la linea e la forma fisica, compromessa da un metabolismo alterato da problemi ghiandolari (la interpreta con estrema convinzione una brava e carina Maria Bello), poi di un marito-padre, agiato editore, ironico ma anche cinico (Alan Arkin, ottimo) che la conduce ad una vita da bambola come in una vetrina, soffocandole ogni sentimento e portandola alla insicurezza più totale.
Attorno a Pilla Lee si muovono tutta una serie di personaggi che in qualche modo tentano o a volte riescono a scuoterla da un torpore e da una apatia che raggiungono il culmine quando la donna si trasferisce col marito presso uno splendido quartiere residenziale in riva al fiume, popolato da anziani facoltosi che la circondano ed accerchiano, rendendola più che mai un’estranea.
Ci sarà dunque spazio per nuove conoscenze, amori timidamente abbozzati con stile quasi adolescenziale nei confronti di un gradevole trentacinquenne in crisi esistenziale (un Keanu Reeves più espressivo e coinvolto del solito), confidenze con un’amica costantemente in crisi e pure traditrice (la schizzata piagnona Winona Ryder), mentre il passato sarà visto col rimpianto di non aver saputo afferrare le occasioni della vita in modo più attivo e meno codardo: disagi di una ragazza bella oltre misura, ma affossata da presenze ingombranti, amorevoli ma soffocanti che non fanno che accrescere un disagio che si accumula fino ad esplodere, oltrepassata la soglia dei quarant’anni: malesseri che si manifestano anche con una forma sempre più insistita di sonnambulismo, che consente a Pippa di vivere l’indipendenza e l’emozione che la vita, pur agiata e facile, le ha tolto di mano.
La Miller si districa molto bene tra una narrazione che procede con salti temporali improvvisi ed orchestra uno stuolo di star davvero notevole, tra cui figurano anche, tra i non citati, la solita ottima Julianne Moore nei panni della bizzarra ed energica compagna della zia di Pippa, e pure la nostra Monica Bellucci, indubbiamente sempre più bella e sempre più iconica, nella solita particina-cameo che contraddistingue ormai le sue più frequenti frequentazioni interpretative in produzioni internazionali.
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