Regia di Rob Marshall vedi scheda film
Il problema non è la lesa maestà felliniana o l’idea che gli Stati Uniti continuano ad avere dell’Italia visto che con tutte le italianate che sforniamo usiamo ancora il dispregiativo “americanate”. Com’è possibile che con tutti i talenti a disposizione, Nine sia così inespressivo, ingessato nelle proprie ambizioni, congelato in un rigor mortis autocompiaciuto? Il passo da compiere era minuscolo, essendo molto del cinema di Fellini già musical privo di musica. Eppure, data l’intuizione e un approccio schiettamente esotico alla materia (l’Italia come una Shangri-la di matrice neorealista) Marshall, invece di pigiare l’acceleratore dell’invenzione, schiaccia il freno del kitsch animato da una reverenza, ahilui, tipicamente statunitense nei confronti del Mito Italia e della cultura europea. Il testacoda produce non un disastro, cosa che pure avrebbe avuto qualche motivo di interesse (il film così sbagliato da risultare affascinante...), ma solo la brutta figura tipica di chi messo dietro al volante di una Lamborghini si rivela guidatore inetto di motorini. Niente summit di ingegni tra Europa e Usa nel nome del Maestro dunque, solo una gaffe. I numeri musicali infatti sono montati come se fossero sgargianti exploit di un qualunque show televisivo. In un contesto simile il resto – canzoni, coreografie statiche, girandola di dive e glamour a gogò – è solo il sigillo del fallimento di Nine. Cosa che rivela che purtroppo Marshall di Fellini, di 8 e 1/2 e dell’Italia non ha capito niente.
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