Regia di Henry Selick vedi scheda film
Un emozionante “viaggio all’inferno” e ritorno fatto in compagnia di un simpatico stregatto che potrebbe facilmente incarnare un moderno, insolito Virgilio. Quasi un percorso iniziatico di forte valore “didattico” dunque, nel quale si possono ravvisare certe analogie con alcune delle tematiche espresse con La città incantata da Miyazaki.
Grandiosi effetti tridimensionali per questo piccolo gioiello stregato che rinnova i fasti (e l’inventiva) di Nightmare Before Christmas, una nuova, strepitosa pellicola insomma, che racconta una storia di formazione senza toni predicatori, ma con le magiche invenzioni della genialità del suo autore. Fuochi d’artificio a ripetizione per i nostri occhi, ma anche un “racconto morale” di alto spessore, realizzato con una tecnica inappuntabile quasi miracolosa, per i risultati che ottiene. Una delle più travolgenti emozioni di fine stagione, dunque, che va davvero “oltre l’immaginabile”. Il tono è fortemente inquietante, quasi dark quello delle favole nere direi: lo spirito di Burton aleggia in sottofondo, a partire dai titoli di testa, ma il film gode di una sua invidiabile autonomia, che lo disincaglia dal confronto (e sarà forse allora il caso di cominciare a restituire a Cesare quello che è di Cesare e a lui compete di diritto – e mi riferisco in questo caso al talento immaginifico e “oscuro”, quasi macabro, di Selick) e lo trasforma in una esperienza persino futuribile, proprio perché esplora (e ci fa percepire) le meravigliose “possibilità” avveniristiche e in divenire del 3 D, purtroppo ancora timidamente “accettato” qui da noi (esercenti, svegliatevi, altrimenti finirete per perdere di nuovo il treno!!!), visto l’esiguo numero di sale attrezzate alla bisogna che a Firenze e dintorni sembrano essere persino più rare dell’araba fenicia.
Tratto dal romanzo di Neil Gaiman, il film è così “pauroso” nella sua dimensione quasi orrorifica, da risultare più indicato per un pubblico adulto (e certamente sconsigliato per i bambini piccoli che potrebbero persino “traumatizzarsi” un poco – come ho potuto constatare di persona – soprattutto se sono assuefatti ai più conformi e consolatori cartoon della scuderia Disney e affini). Insomma, anche qui ci è chiesto di “attraversare lo specchio” e come in Carroll, il mondo dall’altra parte è a suo modo “capovolto” e ciò che sembra allettante a prima vista, diventa un incubo che nasconde infide spire malefiche bellamente camuffate dall’illusione del sogno, che impediscono di “annusare” immediatamente il gravissimo pericolo che si cela dietro le lusinghe della “tentazione”. La pellicola, abbastanza fedele al testo originale, ma con qualche significativa aggiunta anche di personaggi (il ragazzino vicino di casa) che aiuta a dinamizzare ulteriormente il racconto di questo moderno “viaggio all’inferno” e ritorno in compagnia di un simpatico stregatto che potrebbe facilmente incarnare un “moderno”, inconsueto e insolito Virgilio, narra la storia di Coraline Jones, bimba insoddisfatta e inquieta, da poco trasferitasi in un nuovo maniero diviso in appartamenti, insieme ai genitori, che, tutti presi dal loro lavoro di scrittura per un trattato di giardinaggio (c’è anche una forte critica alla “attrazione” perversa quasi di dipendenza che potremmo definire “sindrome da computer” dunque fra le righe) sembrano trascurarla non poco, e certamente non la considerano abbastanza né le prestano sufficienti attenzioni. Così, annoiata e delusa, nel non sapere come impiegare il tempo nelle giornate piovose che le impediscono persino di uscire all’aperto, scoprirà attraverso un a porta magica, l’esistenza di un “invitante ed invidiabile” mondo parallelo e speculare, che riproduce fedelmente la sua casa, ma nelle dimensioni idealizzate del desiderio, abitata da genitori premurosi e attenti che finalmente la riempiono di attenzioni e di coccole e sono tanto inventivi da “creare ad hoc” inesauribili e coinvolgenti giochi che la deliziano.… Ma come sempre succede… mai fidarsi delle apparenze, perché non è tutto oro quello che luccica… e allora ci vorrà tutto il coraggio della bambina, la sua determinazione caparbia e grintosa, per comprendere, imparare, “crescere”, maturare e dare il giusto valore alle cose (e finalmente riuscire a rimettere le “cose a posto” e “ritrovare”davvero in ogni senso, la famiglia reale e il suo calore). Quasi un percorso iniziatico di forte valore “didattico” dunque, nella quale si possono ravvisare persino certe assonanze di fondo con alcune delle tematiche espresse con La città incantata da Miyazaki.
La galleria delle figure è fantasiosa e creativa…. : i topi circensi, i bambini morti che hanno perso gli occhi, gli eccentrici assoli degli altri abitanti della magione e le trasformazioni demoniache “dell’altra madre” quando appare per quella che veramente è, quasi una nuova, più disturbante e terrificante Crudelia Demon… insomma un universo composito e colorato che l’animazione tutta rigorosamente in stop motion (e sembra impossibile che tutto sia realizzato con l’ingegno manuale di questo artigianato superlativo per la fluidità dei movimenti e le mobilità espressive dei corpi e delle facce) supportato in parte dalla grafica computerizzata, necessaria per rendere irripetibile un sogno affascinante e malefico, allettante e terrorizzante allo stesso tempo, come questo (molto più e peggio di quell’infido “paese dei balocchi” di Collodiana memoria). Un’esperienza visiva che si potrebbe allora definire eccezionale, ma che non esaurisce nel semplice tecnicismo il suo fascino poiché si appoggia su un tessuto narrativo che è una parabola complessamente “intrigante” che invita alla riflessione meditata (e parlo soprattutto degli adulti, ovviamente).
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