Regia di Roland Emmerich vedi scheda film
Non è che ci si aspettasse un’opera di fine regia e raffinati tratteggi psicologici, né da Emmerich né dal genere catastrofico, ma 2012 delude anche dal punto di vista spettacolare. Innanzitutto l’introduzione si prende (e perde) molto tempo per chiarire il bizzarro assunto del film ossia: il pianeta si sta surriscaldando dall’interno, come l’avessero cotto al microonde. Chi si aspettava qualche affascinante ricerca sulla mitologia e i vaticini Maya rimarrà a bocca asciutta. Quando, finalmente, iniziano le catastrofi le cose si movimentano e la limousine di John Cusack, con sorprendente manovrabilità e tenuta di strada, fa lo slalom tra palazzi che collassano e baratri che si aprono sul terreno. Bene, ridicola ma esilarante è una sequenza che funziona. Non per questo era il caso di ripeterla ben quattro volte: una con un camper, due con un piccolo velivolo e poi ancora con un grande aeroplano. Certo aumenta la vastità della distruzione, ma è tutto tanto virtuale e inconsistente da non fare differenza. Rimarrà poi deluso pure chi si aspettava una certa varietà di catastrofi naturali. Vediamo: c’è un’abbagliante eruzione vulcanica, numerosissimi terremoti, uno tsunami fatto di fretta, ma nessuna tempesta, tornado, incendio, glaciazione, onda magnetica o meteora dal cielo. Meglio tacere dell’intreccio, con il padre single che inevitabilmente deve riunirsi alla famiglia, i cattivi (tutti curiosamente grassi) puniti o sconfitti e i cagnolini destinati a salvarsi contro ogni probabilità. In più si avverte la presenza di direttive di produzione volte a un politically correct di scala globale: i leader europei sono buoni, il premier italiano è pio (ma almeno non è più Berlusconi!), i cinesi sono lavoratori e ingegneri fenomenali ma, per cerchiobottismo, i tibetani sono santi o eroi. È curioso come il presidente americano nero, nobilissimo, abbia il destino segnato da una portaerei: vi si potrebbe leggere un bisogno di espiare i mali dei recenti governi americani, ma un film tanto didascalico e prevedibile davvero non giustifica simili voli ermeneutici.
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