Regia di Roland Emmerich vedi scheda film
Ci sono diversi modi di fare Cinema, diverse tecniche, diversi orientamenti, diversi mondi da raccontare. Roland Emmerich ha evidentemente trovato la sua via: personale o meno, artistica o meno, non sta a me dirlo. Posso però dire che le sue scelte sono piuttosto divergenti dal tipo di Cinema che suscita in me interesse e/o passione. La prova più evidente sta nel fatto che, seppur credo di aver visto più d'un suo film, la mia memoria li ha completamente rimossi e non c'è nemmeno una sola sequenza che sia rimasta fissata nella mia mente. E in quest'ultimo suo film (un trionfo al box office largamente prevedibile) il suo tipo di approccio alla settima arte non si sposta di un centimetro. Emmerich è fatto così: diciamo che pensa le cose "in grande", talmente "in grande" che io, sovrastato da tutto questo gigantismo, alla fine non ho retto e a circa venti minuti dalla conclusione sono uscito dalla sala. Di motivi potrei accamparne tanti. Per esempio che se voglio far visita ad un Luna Park o giocare ai videogames, beh, faccio "quelle" cose nei luoghi deputati e non vado al cinema per salire in giostra. V'è piaciuta come motivazione quasi ideologica? Posso fare di meglio! E allora confesso che detesto il filone catastrofico, per una ragione molto semplice. Se gli effetti speciali servono a farci sognare mondi impossibili, okay, mi va bene e ci può stare, ma se vengono utilizzati per evocare scenari connessi a situazioni di morte, di lutto e di tragedia, non vedo dove stia il gusto. Ma davvero c'è chi trova divertente vedere ricostruiti, verosimili anche nei dettagli, terremoti, crolli di palazzi e tsunami? A me vengono i brividi, altro che esaltarmi, come succede (immagino) ai ragazzini che sgranano gli occhi divorando popcorn. Attenzione, però, vorrei chiarire che io non detesto affatto Emmerich, cioè non provo verso di lui e la sua arte quel senso di repulsione ideologica che nutro invece, per dire, nei confronti della visione cinica e furba dell'essere umano che ha un Judd Apatow. Dunque rispetto la scelta di Emmerich di mettere in scena tragedie epocali e calamità bibliche, solo che non ne condivido l'urgenza culturale e artistica. Certo, Emmerich non fa solo questo, non mostra solo crepe che si aprono nelle strade o grattacieli che si sbriciolano, lui colloca tutto questo "nel mondo degli uomini" e di questi ultimi ci mostra la deriva impotente di fronte all'Apocalisse. Già, ma che esseri umani sono quelli rappresentati da Emmerich? A mio avviso "figurine" stereotipate di insufficiente spessore, forse macchiette, in ogni caso caratteri appena abbozzati. Salvo poi calare l'asso dalla manica, ciò in cui la sana morale stelle&strisce individua l'unica possibile risposta-rifugio a terremoti e cataclismi: la Famiglia. Nella bella casetta, con mogliettina e buffi pargoletti si è al sicuro dai Demoni che stravolgono la Natura. Oh yeah. Evidentemente io appartengo a quella minoranza che non apprezza la scelta di campo di Emmerich. Ma anche la sceneggiatura (frutto anch'essa del genio di Emmerich) non è che sia proprio di grana finissima. A dire il vero il film non inizia neanche tanto male, dedicando tutta una prima parte alla presentazione dei personaggi e alla preparazione dell'evento catastrofico. Peccato che nella fase in cui ci si incammina verso la fine venga aggiunto imprevisto ad imprevisto, in una girandola di ostacoli artificiosi e forzati con l'evidentissima patetica funzione di allungare il brodo a dismisura, un brodo già lungo due ore e tre quarti. Insomma una sfiga dietro l'altra che ad alcuni produrranno ansia e adrenalina, ma che nel sottoscritto hanno generato un effetto talmente soporifero da indurmi ad abbandonare anzitempo la sala, peraltro già esasperato da questa continua sfida che Emmerich ingaggia con sè stesso a spararla sempre più grossa, istillandomi oltretutto la riflessione su quanti miliardi siano andati in fumo per realizzare un tale sfacciato rutilare di effetti speciali. Tra un terremoto e l'altro, gli attori fanno quello che possono, serviti da una sceneggiatura risibile e da dialoghi non esattamente di prima categoria. A proposito di attori, spiace vedere l'ottimo John Cusack mettersi a disposizione di una simile baracca, ma mi consolo ipotizzando che -dentro di sè- il buon Cusack si sia vergognato almeno un pò, come pure quel galantuomo (e veterano) di Danny Glover. Sapete qual'è una cosa che salvo alla grande di questo film? la performance ridotta ma ugualmente entusiasmante del mio amatissimo Woody Harrelson. Un attore che adoro e a cui mi rivolgo ora idealmente: "Hey grande Woody, sempre ruoli da svitato eh? beh quella faccia da matto ti aiuta senz'altro, okay dammi il 5 che ora ti saluto!". E mi viene da sorridere se penso a certe soluzioni "umane" o a certi sguardi "buoni" sui meccanismi della natura umana che affiorano qua e là in questa sceneggiatura populista e moralista quale esattamente ce la potevamo aspettare da quell' intellettuale finissimo (AH AH AH) che è Emmerich. E adesso rincaro la dose, chiedendo scusa per la volgarità, ma DEVO gridare il mio sfogo: "LA PROFEZIA DEI MAYA HA ROTTO I COGLIONI!!!". Ecco, mi sono sfogato, coinvolgendo nell'esasperazione anche quell'altro idiota che da anni la mena su quest'argomento col suo orrido programma su RaiDue e che ci ha pure scritto un libro, questo "espertone di minchia" al cui confronto le avventure di Martyn Mistere sembrano dei trattati di filosofia. E vorrei concludere con una bella immagine molto edificante. Supponete che io e Emmerich siamo seduti a un tavolo, uno di fronte all'altro. Io intanto gli offro una bella birra, in segno di amicizia. Poi, sommessamente, gli dico: "Credimi, Roland, nulla di personale ma...è che il tuo Cinema proprio non mi piace. E non prendertela, anche perchè sappi che ti considero comunque sempre di qualche spanna superiore a Michael Bay: almeno tu fai Cinema, lui ancora non ho capito che cosa fa..."
Voto: 4
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