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Regia di James Cameron vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Avatar

di CineNihilist
8 stelle

Rivedere Avatar di James Cameron in 3D al Cinema è tutt’altra cosa che vederlo in casa su un televisore, visto che si perde l’immersività della messa in scena, i dettagli delle inquadrature, la profondità di campo e tutto il comparto sonoro che ti porta letteralmente a vivere l’ecosistema e la cultura di Pandora. Senza contare l’effetto speciale del 3D, avanguardistico per l’epoca in cui uscì il film e che tutt’oggi riesce a regalare uno spettacolo visivo strabiliante, soprattutto nelle sequenze in cui l’elemento floristico faunistico entra in scena in tutta la sua magnificenza e bellezza esotica, o meglio, aliena.

 

 

Quello che mi ha colpito maggiormente alla seconda visione infatti, è tutta la costruzione antropologicalinguisticanaturalistica mitologica della cultura Na’vi, paragonabile a mio parere – con le dovute proporzioni – al lavoro tolkieniano nel plasmare il mondo di Arda e la Terra di Mezzo.
Dalla pellicola emerge infatti una profonda ricerca studio da parte di Cameron nel plasmare un mondo totalmente ex novo, scevro da qualsiasi fonte filmica e letteraria, che certifica l’enorme talento creativo di James Cameron e di come sia l’unico, se non l’ultimo, regista in grado di creare una saga cinematografica totalmente originale da incastonarsi nell’immaginario collettivo. Il variegato worldbuilding e l’elemento naturalistico si incrociano e si compenetrano anche grazie alle numerose spedizioni scientifiche documentate da National Geographic di James Cameron, un uomo – prima che un artista – permeato da una genuina curiosità e temerarietà nella sua sete di conoscenza volta all’esplorazione del pianeta Terra (come la sua folle immersione nella fossa delle Marianne), che l’ha portato successivamente a rielaborare digitalmente il nostro vasto ed ancora sconosciuto ecosistema terrestre nel pianeta Pandora.

 

avatar pandora rainforest

 

Il regista canadese però, non si dimentica che dietro a tale bellezza e complessità del pianeta Terra si nasconde anche la brutalità dell’uomo, che a partire dalla Rivoluzione Industriale e dallo sviluppo del capitalismo ha martoriato Madre Natura e dunque il suo stesso pianeta; quest’ultimo nell’universo di Avatar ormai ampiamente inabitabile e soffocato dall’inquinamento, dalla sete di profitto, potenza e scientismo dell’essere umano. Pandora diventa così il contraltare perfetto, dove la sua popolazione Na’vi indigena vive invece in un mondo immacolato paradisiaco, in costante equilibrio e sinergia col suo ecosistema naturale, tanto da creare una sua religione mista tra animismo e sciamanesimo imperniata su un ordine naturale sacro inviolabile.
Eppure l’essere umano, ormai cancerogeno per il suo stesso pianeta e dunque desideroso di maggior risorse per sostenerlo e alimentarlo, non si fa scrupoli a colonizzare Pandora per estrarne le sue risorse minerarie, a scapito dell’equilibrio naturale che connette spiritualmente e biologicamente i Na’vi al loro pianeta. Ritorna quindi in Avatar la tematica ecologistaantimilitarista pacifista presente in The Abyss, in cui Cameron chiaramente denuncia gli effetti collaterali del progresso scientifico fagocitati da una classe dirigente profondamente imperialista ipercapitalista come quella americana e dell’Occidente “allargato”, in cui lo sterminio delle popolazioni indigene e tribali è funzionale ad un mero disegno commerciale e politico volto a rafforzare la propria posizione di dominio assoluto sul prossimo.

 

avatar military

 

Nello scontro di civiltà unidirezionale che perdura per tutto il corso della pellicola, si assiste però ad una combattiva e illuminata minoranza di scienziati umani che, con uno spiccato spirito antropologico e umanista, si sforza di studiare la cultura Na’vi per trovare una mediazione culturale e pacifica tra i due mondi, cercando di non diventare totalmente subordinati ai diktat dell’egemone terrestre; quest’ultimo ormai completamente indottrinato da un militarismo totalizzante e da un servilismo assoluto verso la RDA (Resources Development Administration), l’azienda ipercapitalista incaricata di estrarre le preziose risorse minerarie di Pandora.
Come sempre nei film di Cameron, l’empatia e l’apertura verso il prossimo permette ad una reale conoscenza di chi è diverso da noi e di conseguenza aiutarlo nelle sue difficoltà, evitando di conseguenza inutili dolori e ondate di violenza, superando in questo modo pregiudizi razziali ideologici che illusoriamente ci dividono.

 

avatar scienziati

 

Il percorso del protagonista disabile Jack Sully si inserisce così perfettamente in questo aspetto fondamentale della poetica cameroniana.
Il protagonista, un ex marine, grazie al suo avatar affronta infatti un vero e proprio mutamento genetico e culturale simile a quello del protagonista di District 9 (ma meno tragico), in cui una missione segreta per conto dei militari finisce col diventare un profondo percorso di crescita personale, di redenzione dal suo decaduto status sociale, di radicale mutamento della propria visione del mondo, di una rigenerante riabilitazione fisica data la disabilità cronica che lo affligge, ma soprattutto riesce finalmente a trovare l’amore della sua vita. L’amore per il diverso genera un legame così speciale indissolubile che lo porta a combattere a fianco della sua anima gemella Na’vi Neytiri, col fine anche di proteggere un’intera cultura a lui aliena che rischia di essere cancellata, ma che ormai rivendica come propria dopo un lungo, difficoltoso e splendido percorso di assimilazione ed accettazione culturale (geniale la connettività “biologica-empatica” filamentosa dei capelli dei Na’vi col resto della natura).
L’abbandono graduale del suo avatar umano per abbracciare totalmente quello Na’vi è una presa di posizione forte radicale, in cui Cameron prende una posizione netta su chi schierarsi. Gli alieni che sono i più deboli ed indifesi dal punto di vista tecnologico e militare, allegoricamente rappresentano un qualsiasi popolo oppresso da un regime colonialista tirannico, tant’è che la magnifica battaglia finale su più fronti tra i due popoli ricorda esplicitamente le guerre del Vietnam e dell’Afghanistan, in cui le forze considerate più “primitive”, “deboli” e numericamente inferiori, grazie al sapiente uso del territorio circostante, riuscirono strategicamente a prevalere sul nemico più avanzato militarmente, in pieno stile Sun Tzu.
Non è una presa di posizione tra buoni e cattivi manichea quella di Cameron, anche perché mostra quanto gli scienziati “antropologi”, una soldatessa dei marines e soprattutto Jake siano più umani della loro stessa razza d’appartenenza, ma quando il potere machistaimperialistacolonialista ipercapitalista tipicamente occidentale è accecato dall’onnipotenza e dalla brama del profitto da rigettare qualsiasi logica diplomatica di confronto e/o compromesso, l’unico modo per contrastarlo allora è combattere fino alla fine per difendere i propri ideali di libertàequitàgiustizia, fraternità valori culturali.

 

avatar umani

avatar na'vi

battaglia colossale

 

Ecco che il regista canadese inserisce, oltre alla forte componente femminista sempre presente nella sua filmografia e in questo caso incarnata dagli splendidi personaggi di Neytiri Grace Augustine, un sottotesto ecologista già presente timidamente in The Abyss, ma che in Avatar assume una rilevanza fondamentale per la risoluzione del conflitto, dove per Cameron la venerazione dei Na’vi per il Dio Eywa – entità immateriale immanente che permea la Natura di Pandora – deve prevalere sulla cinica, industriale e bellicista crudeltà dell’uomo.
Quest’ultimo per l’autore canadese ormai è un essere vivente privo di ogni vitalità autentica e solo portatore di morte distruzione, come viene illustrato egregiamente nella straziante scena della demolizione forzata dell’Albero Casa, in cui la disperazione regna sovrana e accentuata maggiormente dalle ceneri funeree che si depositano sull’ormai desertico territorio del clan Na’vi Omaticaya.
Uno scenario drammatico raggelante che ci ricorda quanto sia ancora profondamente attuale il tema della guerra nel nostro mondo, in cui ogni giorno muoiono disgraziatamente e tragicamente migliaia di persone. Nel 2022 più che mai, dove il rischio di una guerra anche alle nostre latitudini “occidentali” è ormai prossimo se non parzialmente già avviato. L’essere umano dovrà quindi ripudiare totalmente l’opzione bellica una volta per tutte ed imparare dalle lezioni storiche – ormai sempre più remote – se vorrà avere un futuro su questo pianeta.
Su Pandora l’essere umano è stato intanto esiliato ripudiato, ricacciato dal Paradiso all’Inferno da cui è venuto, in quanto immeritevole della Natura che l’ha plasmato. Una Natura imparziale che ora però rivendica con fermezza la sua superiorità sull’uomo, del biologico e l’organico sul meccanico, dell’empatia e la forza d’animo sulla brutalità e la crudeltà. Premiando ed ibridando in essa coloro che vogliono seguire tale sentiero, in primis Jack Sully, l’umano che ha trasceso la carne per accettarne una completamente nuova aliena, eppure più umana degli umani stessi perché ricolma di una vera anima e spirito di compassione.

 

 

Avatar di James Cameron nonostante non sia stato esente da critiche per la sua non-originalità ed eccessiva linearità narrativa (spesso critiche invidiose per i suoi lauti incassi), non si può dire che non sia un blockbuster riuscito anche contenutisticamente nel veicolare con semplicità il suo messaggio antimilitarista, anticolonialista, anticapitalista, ecologica e pacifista, e bollarlo come un banale “Pocahontas o Balla coi lupi nello spazio” mi sembra assai riduttivo e finalizzato solamente a sminuire la sua oggettiva importanza nella Storia del Cinema.
Sicuramente non ci ritroviamo di fronte ad un capolavoro della Settima Arte e alla migliore opera fantascientifica mai prodotta, ma di sicuro siamo dinanzi ad un cinema autoriale commerciale sempre più raro oggigiorno e ad un tentativo di imporre una nuova mitologia cinematografica ex novo che, seppur non brilli completamente per originalità pura (ma quando mai un’opera si può definire completamente originale?), dimostra platealmente quanto un amore viscerale per il mezzo cinematografico e uno studio culturale, attento, tecnico e minuzioso come quello di James Cameron faccia una grande differenza nel risultato finale drammaturgico di un’opera, che può tranquillamente far convivere un ludico intrattenimento e una sana riflessione sul nostro modo di essere per il pubblico più generalista.
Gli va dato atto quindi. James Cameron è uno dei pochi registi viventi che sono anche “creatori di nuovi mondi originali” rimasti nel panorama hollywoodiano insieme a Steven SpielbergGeorge LucasGeorge MillerRidley ScottNeill Blomkamp, le sorelle Wachowski e pochissimi altri. Forse solo Denis Villeneuve potrebbe avventurarsi in questa lista ma si rifà a trasposizioni come Dune, che però dimostra quanto anche saper trasporre su schermo un’opera letteraria non sia affatto facile e come richieda un alto tasso di creatività versatilità nella messa in scena, che non a caso è stata discussa nella splendida intervista a due tra “l’acquatico” Cameron e il “desertico” Villeneuve.

 

james cameron avatar

dune denis villeneuve

 

Ora che finalmente la sbornia Marvel si sta leggermente sgonfiando dopo il sopravvalutatissimo Avengers Endgame (risuperato negli incassi da Avatar, grazie alla re-release in Cina, che riconferma il primo posto come il più grande incasso della Storia del Cinema) e che l’universo di Star Wars ormai è relegato allo streaming (il posto che merita e spero ci resti per sempre dopo l’abominio Star Wars Episodio IX – L’ascesa della Fanfiction che ha portato il franchise ad una crisi creativa cronica), sarò lieto finalmente di ritornare in sala a vedere l’atteso sequel Avatar – La via dell’acqua di James Cameron. Perché nonostante i lunghi anni di lavorazione e rinvii continui nella distribuzione anche a causa della pandemia, sono sicuro che il cineasta canadese abbia compiuto un lavoro straordinario a livello tecnico e curato al meglio la scrittura della sua nuova macrosaga fantascientifica. I progetti cinematografici cameroniani infatti, nonostante abbiano una natura altamente commerciale, hanno sempre conservato un’anima autoriale intima, purissima e mai banale. Rifuggendo quindi dalla pura e becera logica d’incasso pigrissima del 99% dei blockbuster contemporanei, ormai sempre più anonimi e sciatti anche nel puro intrattenimento.

 

 

James Cameron è stato sempre lontano da questa idea di blockbuster, e questo già mi basta per stare sereno e ritornare in sala per rivivere nuovamente la Storia del Cinema.

 

Voto 8.5

 

PS: tra gli haters di Avatar c’ero anch’io tempo fa perché la massa conosceva più il film di Cameron e meno la serie animata Avatar The Last Airbender (capolavoro assoluto). Successivamente questo mio infantilismo decennale l’ho eliminato decidendo di vedere una volta per tutte il film di Cameron, finendo con l’apprezzarlo molto. Ritengo comunque che l’Avatar animato sia migliore rispetto a quello cameroniano (non ha neanche senso paragonarli alla fine), ma di sicuro quest’ultimo sarà nettamente migliore del live action netflixiano sulla serie di Nickelodeon, ma questa è un’altra storia…

 

PPS “fun fact”: Per non confondere il pubblico generalista affezionato all’Avatar di Cameron, il film live action sulla serie animata Avatar The Last Airbender diretto da Shyamalan tolse “Avatar” dal titolo, lasciando così solo “The Last Airbender”/”L’ultimo dominatore dell’Aria”. Questo è solo uno dei tanti motivi per affossare ed odiare quel film!

 

avatar the last airbender trick

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Ultimi commenti

  1. pippus
    di pippus

    Quello di Cameron è stato un film di indubbio fascino, ma anche la tua recensione non è da meno. Sei riuscito a sviscerare ogni sfumatura con intelligenti considerazioni. Davvero complimenti Giorgio.
    Un caro saluto.

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Grazie mille carissimo, sono onorato che tu abbia trovato la mia recensione interessante e stimolante. Avatar di Cameron nel corso degli anni ha subito una vera e propria ondata di odio da parte dei cinefili volta a sminuire la sua importanza nella storia del cinema, quando in realtà è un’opera pionieristica e d’avanguardia dal punto di vista tecnico, e un fondamentale punto di arrivo per il cinema blockbuster e fantascientifico, proprio come lo fu Mad Max Fury Road nel 2015. È un film che ha anche molte cose da dire e che fa presagire un potenziale narrativo immenso, quindi rivederlo in 3D per la prima volta in vista del suo imminente sequel è stato davvero straordinario e illuminante rispetto alla mia prima visione casalinga.

      Tu sei andato a rivederlo in 3D con le tue “sanguisughe” ;D?

    2. pippus
      di pippus

      Al momento non ancora, le "sanguisughe" sono tutte indaffaratissime ma...mai disperare:-))

    3. CineNihilist
      di CineNihilist

      Daje, e convincili a fare un weekend con Avatar ;D

      Un caro saluto e a presto, salutami tutti :-)

    4. pippus
      di pippus

      Un caro saluto anche a te Giogio.

  2. ezio
    di ezio

    una rece davvero ben approfondita,complimenti a te....e al film ovviamente.

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Grazie mille Ezio per i complimenti, ritornerai anche tu in sala con gli occhiali 3D a vedere Avatar 2 a dicembre?

    2. ezio
      di ezio

      penso di si....

  3. DeathCross
    di DeathCross

    Finalmente son riuscito a leggere questa tua recensione, trovandola estremamente interessante e approfondita.
    Io non mi definisco un 'fan' di "Avatar", noto profonde contraddizioni tra i contenuti (che condivido appieno o quasi) di radicale messa in discussione della supponenza occidentale e capitalista e la natura commerciale del progetto (e una certa dose di complesso del white savior c'è), però neanch'io condivido la tendenza di una certa parte consistente di persone cinefile a distruggere questo film. Nonostante le sue zoppicature interne, infatti, "Avatar" anche per me è un Caso unico e importante nella Storia del Cinema contemporaneo, in particolare a livello tecnico (il 3D, rilanciato proprio da questo Film e in un'ottica mainstream insolita per un espediente spesso relegato alla serie B, qui è studiato con un'attenzione altissima, a differenza di altre grosse produzioni dove il 3D sembra appiccicato con lo sputo) ma anche per lo studio prestato alla costruzione dell'universo narrativo e perché è evidentemente un progetto molto personale a cui Cameron ha dedicato parecchio tempo ed energie, quando in un'ottica prettamente mainstream avrebbe potuto puntare su qualche lavoro più sicuro commercialmente, magari puntando su un sequel dei Terminator per accontentare il pubblico fan.
    Insomma, "Avatar" è un Film che merita un certo rispetto nonostante le sue debolezze, e questa recensione lo valorizza bene, quindi complimenti.

    1. CineNihilist
      di CineNihilist

      Grazie mille per i complimenti Death, condivido gran parte di ciò che dici nel valorizzare questa ppera cameroniana tutt'altro che scontata sia nei temi che nella realizzazione, però su alcuni punti non sono molto d'accordo e già li avevo ravvisati rileggendo la tua recensione su “Avatar” nella play dedicata a Cameron.

      I punti su cui non sono d'accordo sono fondamentalmente due.

      Il primo punto è sulla correlazione "ipocrita" tra critica anticapitalista e antioccidentalista e la natura commerciale del progetto.
      Se dovessimo applicare questo ragionamento su altri blockbuster sempre su questi temi anticapitalisti, allora dovremmo criticare pure "The Matrix", "The Truman Show", "Mad Max Fury Road", "Snowpiercer", "Modern Times", "Elysium", “The Wolf of Wall Street” ecc. ecc., ma a sto punto anche qualsiasi film perché tutti nascono con una logica commerciale nell'accumulo di capitali (budget) per generare poi un profitto (utile del botteghino), pena un possibile fallimento della casa di produzione.
      Mi sembra quindi un po' contraddittoria e "ingenua" questa critica, perché è già contraddittoria di per sé l'arte cinematografica che ha sempre dovuto affidarsi ad una logica capitalista e di profitto per veicolare certe tematiche anche contro questa "metodologia" di produzione artistica, ma questo ragionamento lo si può applicare a qualsiasi arte intenta a denunciare il sistema capitalistico come può essere "Watchmen", che a sto punto dobbiamo criticare perché mette in moto un'industria che disbosca intere foreste per portarti l'opera in fumetteria, oppure lo stesso "Nope" di Jordan Peele che critica l'uso sconsiderato degli animali sui set cinematografici e poi fa un uso smodato di cavalli per concitate scene action.
      Mi sembra una presa di posizione un po’ campata in aria, perché un conto è la Disney che costruisce parchi a tema drenando risorse dalla natura per poi veicolare la sua retorica animalista e anticapitalista in SW8 (comunque lecita, ma che fa sorridere vista la gestione a "catena di montaggio" dei suoi "film-prodotti" Star Wars), e un altro conto criticare Cameron solo perché ha fatto un blockbuster da 237 milioni di dollari e quindi “ipocrita” solo perché “azzarda” critiche al capitalismo in una produzione multimilionaria.
      Inoltre, tutti registi nella Storia del Cinema sono diventati imprenditori di sé stessi, soprattutto se volevano veicolare “tranquillamente” la loro poetica. Il capitalista ipocrita Cameron che conta i dollaroni alla faccia degli anticapitalisti e antioccidentalisti anche no daje.
      Non siamo di certo come nel caso di Oliva Wilde, che critica tanto il patriarcato per poi riprodurre i medesimi comportamenti patriarcali con Florence Pugh nel film “(nazi)femminista” “Don’t Worry Darling”.
      Io credo che debba essere insito in ogni cinefilo accettare la contraddizione capitalistica della Settima Arte, sennò a sto punto dobbiamo criticare tutti i film usciti dal 1900 ad oggi.

      Il secondo punto è sulla tua critica al “white savior” che io proprio non condivido, a sto punto allora tutto il messaggio del film dovrebbe crollare ai tuoi occhi, sennò è palesemente un tuo cortocircuito, passami il termine, ideologico sull’opera cameroniana.
      Il “whitesaviorism” nasce dal retaggio del fardello dell’uomo bianco ottocentesco e dall’orientalismo novecentesco (l’ho pure studiato recentemente all’università di Antropologia), che Cameron critica aspramente per tutto il film. Quando gli umani dicono “gli abbiamo dato scuole, medicine, strade, eppure amano sguazzare nel loro fango e stare sugli alberi” il regista canadese distrugge esplicitamente il concetto di White Savior, perché il paternalismo occidentale è soltanto un’arroganza e ostentazione di una morale e cultura superiori a quella Naìvi, infatti lo scopo alla fine è di un’omologazione antropocentrica forzata che inizialmente passa attraverso il soft power degli scienziati capitanati da Grace Augustine, però poi alla fine fallisce e l’essere umano si rivela per quello che è, ossia un essere cancerogeno e portatore di morte. È pure antispecista alla fin fine Cameron, quindi non ci vedo assolutamente un “white savior” in Jake Sully, anzi, è pure discriminato indirettamente dai suoi superiori bianchi il protagonista per via della sua disabilità e nell’edizione estesa è pure trattato come feccia umana sul pianeta terra.
      Non è che banalmente una persona può empatizzare con la sofferenza di un popolo e decidere di combattere per esso, soprattutto quando anch’essa è discriminata dalla sua stessa razza? Cos’ha da perdere? Cos’ha da ostentare? Un soldato americano dell’Ottocento che decide di difendere i nativi americani perché si rende conto che sta distruggendo un popolo composto da persone senzienti, è un white savior "inconsapevolmente razzista” per forza?
      Perché alla fine si tratta di questo nel “whitesaviorism” e riprendendo pari pari da Wikipedia giusto per fare chiarezza: “l'espressione white savior (dall'inglese: "salvatore bianco") si riferisce a una persona bianca che fornisce aiuto a persone non bianche, tipicamente nel contesto degli aiuti umanitari o missionari, spinto da motivazioni di tipo egoistiche e/o esibizioniste”. Non mi pare proprio che Jake Sully rientri in questa definizione.
      Se ci fosse stato un asiatico/ispanico/afroamericano disabile al posto del protagonista bianco “WASP” disabile ad aiutare gli alieni allora tutto ok, se invece è il contrario no, non va bene, perché c’è la retorica del white savior in cui solo il maschio bianco e bello (e intelligente) occidentale può salvare il povero indigeno dai brutti e cattivi bianchi (o altre etnie) come Brad Pitt nel film “Sette anni in Tibet” o la coppia Hayden Christensen/Nicolas Cage in “Outcast - L’ultimo templare”.
      Allora critichiamo anche il “white savior” Clint Eastwood perché decide di proteggere i messicani vessati in “Per un pugno di dollari” e tutta la produzione “white savior” hollywoodiana dal 1900 ad oggi.
      Anche qui mi pare una presa di posizione ideologica, un po’ “woke”, dove si vede il razzismo, la discriminazione, il fascismo e l’ingiustizia da tutte le parti procedendo poi alla cancel culture, o come il nazifemminismo che vede misoginia e patriarcato in ogni singola cosa che gli si presenta davanti sfociando nella misandria, o peggio ancora quando i liberali americani e specularmente i trumpiani repubblicani vedono il comunismo strisciante in ogni angolo delle loro istituzioni e nei paesi socialdemocratici europei.

      Insomma, mi sembra un po’ ingeneroso fare le pulci a Cameron su un qualcosa di per sé inesistente nel film, e io stesso non sono un fan di “Avatar” e non lo osanno a Capolavoro, ma lo ritengo solo un ottimo film e cult sci-fi. Secondo me ci sono altri film che scadono nelle critiche che muovi tu e di certo non è “Avatar” che incarna queste contraddizioni umane. Questo è il mio pensiero.

      Ti ringrazio per essere passato e per aver stimolato la discussione sotto la mia recensione. Spero di rivederti anche per “Everything Everywhere All at Once” e attendo con ansia le tue prossime monolitiche retrospettive su “SS” (no, non sono nazista, è per non spoilerare niente a nessuno ;D).

      Un caro saluto e a prestissimo ;)

    2. CineNihilist
      di CineNihilist

      PS: io da "mezzosangue asiatico" sono attento a queste tematiche etno-politiche e sociali, e mi dà fastidio quando un certo tipo di retorica e "politicamente corretto" di matrice liberaldemocratica asservita al Capitale strumentalizzi certe tematiche importanti e scottanti come quelle "razziali" per poi costruire personaggi macchietta ed insignificanti privilegiando poi alla fine il cast "bianco". Tra l'altro fino ad un anno fa avevo ravvisato una certa componente sinofoba nella serie tv Mr. Robot, però poi rivedendola e riflettendoci meglio sopra, ho scoperto che non era per nulla presente.

    3. DeathCross
      di DeathCross

      Riguardo ai due punti 'caldi' delle tue risposte, ci tengo a precisare che sia la critica all''ipocrisia' capitalista/anticapitalista sia quella alla questione white savior non sono portate avanti da me in modo oltranzista. Innanzitutto, non ho parlato di "correlazione "ipocrita" tra critica anticapitalista e antioccidentalista e la natura commerciale del progetto" ma di "profonde contraddizioni tra i contenuti (che condivido appieno o quasi) di radicale messa in discussione della supponenza occidentale e capitalista e la natura commerciale del progetto".
      Potrebbe sembrare una differenza puramente retorica di scelta lessicale, ma per me non è affatto così. Infatti, se nell'ipocrisia vedo una volontà di 'imbiancare i sepolcri' negando le proprie contraddizioni spacciandosi come 'puri', nelle contraddizioni in sé non vedo qualcosa per forza di negativo, e anche per "Avatar" le sue profonde contraddizioni, come dici tu, sono praticamente impossibili da superare per un progetto di tale portata.
      Sulla questione 'white savior', io per primo sono pronto a 'perdonare' questo elemento se poi i contenuti vengono portati avanti con una certa intelligenza, magari sottolineando anche il 'problema bianco'. Il problema del white savior infatti è più complessivo, di un'industria cinematografica che tende(va) a mettere in rilievo le collaborazioni di singoli bianchi in questioni anti-razziste e anti-colonialiste mettendo (involontariamente spesso) in secondo piano le lotte portate avanti direttamente dalle popolazioni oppresse. In questo senso "Avatar" non è peggio di altre produzioni, e come dici tu mette profondamente in discussione il colonialismo non solo puramente militare ma anche 'assistenzialista'.

      Detto ciò, queste mie 'critiche' volevano essere più che altro delle premesse per spiegare in parte il motivo per cui come te neanch'io mi considero un 'fan' di "Avatar", ma poi anch'io penso sia più importante soffermarsi sui suoi pregi e sulla sua importanza e influenza nel Cinema contemporaneo.

      In ogni caso ti ringrazio per aver risposto con franchezza al mio commento, soprattutto per avermi dato modo di mettere in discussione le mie posizioni.

    4. CineNihilist
      di CineNihilist

      Io continuo a non vederci contraddizioni ideologiche in "Avatar" se non la contraddizione per eccellenza della Settima Arte e di (quasi) tutte le forme d'arte tra "Capitalismo" e "Anticapitalismo" intrinseco e irrinunciabile, anche banalmente solo per arrivare ad un pubblico di nicchia o piccole-medie dimensioni.
      "Avatar" è più attuale che mai e il processo di "autocritica occidentale" di qualsiasi genere non mi sembra direttamente o indirettamente negligente, ma autenticamente sincero e profondo, rifuggendo qualsiasi paternalismo e ostentazione di superiorità morale anche "progressista" da parte dell'Occidente nel "whitesaviorism" (sfociando poi nelle tragiche guerre mediorientali bushane e obamiane giustificate da un "imperialismo benevolo" volto a liberare i "popoli oppressi e inferiori").
      Che quest'ultimo sia stato alla base di molte produzioni hollywoodiane ahimè è un dato di fatto, ma il fenomeno come giustamente dici tu va correttamente inquadrato e contestualizzato. Ripensando a mente fredda, dopo aver visto "Atlantis" c'è un una sorta di "whitesaviorism" molto ben più spiccato rispetto ad "Avatar" che per me rasenta lo zero assoluto (c'è pure la mutazione genetica e antropologica). Forse anche nel Pocahontas disneyano ci può essere un "whitesaviorism" ingenuo e inconsapevole, ma dovrei vederlo prima di giudicare.

      In ogni caso mi ha fatto piacere discutere di questi temi e di averti messo in discussione, perché lo stesso era accaduto a parti inverse quando avevamo discusso sul razzismo "di stampo democratico" in "Black Panther", infatti dovrei rivederlo in vista del secondo capitolo che uscirà al cinema (credo che sarà l'ultimo Marvel che vedrò insieme a GOTG3 di Gunn). Ti farò sapere sempre su quel tema. Possiamo banalmente dire che ci sia un "blacksaviorism" nel blockbuster "afro" marvelliano adorato dalla comunità "black" americana (1.3 miliardi di incasso) XD?

      Scherzi a parte, sono stato più che "franco", "passionale" nel difendere un film che ho apprezzato e che secondo me è stato un po' troppo criticato ingiustamente negli ultimi tempi da critici della domenica (non è il tuo caso) spesso con argomentazioni davvero poverissime e patetiche. Ti ringrazio quindi a mia volta per aver aggiunto ulteriormente osservazioni e critiche al lavoro cameroniano sicuramente non esente da difetti.

      Un caro saluto e a prestissimo ;)

    5. DeathCross
      di DeathCross

      In effetti in "Atlantis" il 'whitesavioris' è più marcato.

      Per il resto son contento che anche tu abbia trovato stimolante questo dibattito: ci si legge spero presto su altre recensioni e/o retrospettive. :)

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