Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
Un bel film, non c'è che dire! Credo che Francsca Archibugi sia riuscita con intelligenza e con garbo a costruire una storia di grande presa emotiva, di eccellente elasticità narrativa e di notevole originalità. Ovviamente, non è la prima volta che il cinema si cimenta con la delicata questione della patologia cardiaca, ma questa volta l'aritficio espositivo è venuto in soccorso alla trama senza risultare troppo invadente e ossessivo. Giusto ad aiutare le vicende a dipanarsi con un filo rosso da sottofondo. La pellicola, tra l'altro, riesce a non cadere nel previsto e nel prevedibile proprio quando sembra che sia in procinto di farlo, e riesce altresì a non sollecitare troppo le lacrime proprio quando la regista pare voglia indurre a questo. Insomma, si trattiene al di qua dello scontato, del già visto, dello stereotipato per un filo, per un'inezia, per un parola. Questo contribuisce, a mio avviso, ad elevare cospicuamente il tasso di originalità della storia, altrimenti banale. Gli attori sono stati, come si dice, in grande spolvero. Albanese, quando ci si mette di impegno, sembra riversare nel fotogramma tutta la lucida e incisiva intelligenza che denotano la sua carriera artistica. Rossi Suart procede inesorabilmente - anche attraverso un'oculata selezione dellle proposte che certamente gli giungono numerose - verso quella maturità professionale che pare in decisa e indeffettibile crescita. I dialoghi mi sono apparsi venati di momenti di assoluta e intelligente ilartà, senza peraltro mai scadere nella bieca e purtoppo ferquente volgarità. La fotografia, specie negli scquarci romani, sembra regalare agli spettatori una ulteriore, magnetica, irrestistibile bellezza della città eterna.
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