Regia di Larry Charles vedi scheda film
Larry Charles è il responsabile di Borat ecc ecc il film mockumentary con Sasha Baron Cohen che, diciamola tutta, era un insulto all’intelligenza. Con questo film, altro documentario, vero stavolta, aggiusta il tiro e si riscatta pienamente. L’impianto è quello, seguire un one man band nelle sue inchieste e cercare di tirarne fuori a forza di montaggio, inserti, taglia e incolla, qualcosa che abbia senso. Bill Maher è l’oggetto dell’obiettivo del regista, comico americano in trasferta ovunque per dare corpo al tema della religione, dei suoi aspetti curiosi e soprattutto delle contraddizioni che i fedeli delle tre maggiori religioni monoteiste, con qualche divagazione su culti parascientifici e sette dirette da santoni improvvisati, riversano nella loro vita quotidiana. Intolleranze reciproche comprese. A parte lo strepitoso cartellone pubblicitario, il titolo in italiano è stato opportunamente virato al meno blasfemo possibile: da Religiolous (Religion + Ridicolous) al più inerte Religiolus, che non significa niente. Potenza del cupolone capitolino. Il documentario è irriverente ma dotato di quella intelligente leggerezza che rende il tutto gradevole e tutt’altro che offensivo anche agli occhi del più fervente osservante. Quello che Bill Maher fa in realtà è insinuare il dubbio, rigirare le questioni teocratiche in favore di luce in modo da mostrarne le crepe, quelle che i fedeli accecati dalla fede tendono ad accettare passivamente. Diversamente dal film sul finto giornalista Kazako che tanto fece incazzare il presidente del Kazakistan. salvo cambiare espressione immediatamente quando il turismo per effetto della Borat mania moltiplicò di n volte le entrare finanziarie del paese, le riprese sono vere, le interviste reali, le domande a volte banali, a volte ovvie, spesso provocatorie, le risposte sempre innocentemente deliranti, lo sbigottimento ateo raggiunge il punto di non ritorno e il cum shot ilare esplode sovente. Si ride molto, tutto il documentario a partire dal titolo è costruito per rendere ridicolo il mistero della fede, le sovrimpressioni del pensiero Maheriano in stile Allen in Io e Annie smentiscono dati fasulli, sottolineano storpiature di ignoranza cristallina e soprattutto dileggiano, leggermente, senza fare male o scadere nel volgare, così le scene strutturate in montaggio alternato dei vari capi di stato, personaggi politici, capi spirituali o semplicemente il montaggio analogico con estremizzazioni visive delle dichiarazioni (scene di guerra, bombe, santini, scene di film a tematica religiosa ecc) donano a tutta l’operazione la leggerezza della commedia. Nulla può però la forza del linguaggio cinematografico e la comicità indotta da Maher contro il ridicolo involontario di una realtà che si scopre essere più demente della più sfrenata fantasia. Ecco apparire tra seriosi capi religiosi animati da auliche missioni spirituali incarnate in involontarie quanto radicate convinzioni razziste, intolleranti e sottilmente crudeli, tutta una pletora di santoni, capi spirituali, imbonitori e piazzisti di culti parascentifici divulgati a titolo oneroso tra i fedeli in cerca di una scorciatoia verso il regno dei cieli che passi da una dignitosa presa di coscienza dei propri peccati attraverso la carta di credito senza passare da espiazione o privazione alcuna. Ron Hubbard di Scientology; il John Smith che forma la trinità mormone insieme a Spirito Santo e Madonna; un tizio messicano che si crede la reincarnazione di Gesù; un tizio strafatto di Amsterdam a capo di una religione che non promette nulla, non chiede nulla e che consiste semplicemente nel farsi di ganza; il parco divertimenti a tema Terra Santa nel quale la passione di Cristo avviene sotto gli occhi di commossi mirini di telecamere di obesi americani credenti tutti i giorni sul far della sera; i Creazionisti che in barba ad ogni teoria evoluzionista gestiscono un parco a tema dove tutte le creature convivono nello stessa cellula di spazio tempo….e così via di delirio in delirio fino al bellissimo finale di Maher che prende la scena e da bravo one man band conclude il suo pezzo. Un monologo di rara bellezza e asciuttezza, realtà e ragione in contrasto con tutta la fede sparsa per il film. Il comico non ce l’ha fatta, fede e comicità non sono mai andati d’accordo e se c’è un difetto nel film è proprio quella del tentativo di ricondurre alla “ragione” con fatti e smentite secche e perentorie, la fede degli intervistati, rischiando qualche volta la banalità. Dopo tutto la “fede” non si chiamerebbe così, sarebbe un’altra cosa. Inezie, il pregio del documentario è invece quello dell’assenza di tesi da dimostrare, nulla viene in tasca ai realizzatori del film, non è un qualcosa alla Michael Moore per intenderci che prende la realtà e la (s)monta e la presenta imbellettata a esclusivo suffragio delle sue tesi: più che altro Maher fa parlare gli altri, cesellando con la sua ironia gli strafalcioni altrui e livellando quelle differenze che tanto provocano attriti con l’arma bianca dell’umorismo, visto che in realtà non c’è alcuna tesi da dimostrare se non che le religioni sono fatte più o meno dello stesso oppio, solo che ai vari popoli “cala” in modo completamente diverso.
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