Regia di Kôji Wakamatsu vedi scheda film
La disperazione si fa cinismo, che è distacco dai propri desideri, e priva le voglie di ogni passione. Nel tedio metropolitano giapponese, che è solitudine nel sovraffollamento, la "violenza senza causa" è un tuffo nell'unica scappatoia esistente: ossia, quella forma dinamica della noia che è la ripetitività meccanica del sesso come mero riflesso fisiologico. Al principio del possesso, che è comunque ispiratore di battaglie, si sostituisce l'indifferente rito del consumo, lo spirito dell'"usa e getta" che, alla fine, si può applicare, senza problemi, anche alla propria esistenza.
La drammaticità di Wakamatsu è quella, silente, del dramma interiore pregresso, che ha già bruciato l'anima, lasciando la vacua fisicità dell'azione come unico, freddo corollario. Mai, come in quest'opera, il disagio giovanile è presentato in maniera così poco intimista: le parole dei protagonisti non toccano mai la sfera dei sentimenti, come se questa si fosse prosciugata. I loro discorsi riguardano unicamente il fare e il non fare, l'avere e il non avere, che paiono le uniche modalità del loro (non) esistere. La rivoluzione, questa volta, è assente, sia nel senso di progetto politico (Sex Jack), sia nel senso di atteggiamento ribelle (Shinjuku Mad), sia nel senso di violenta follia (Angeli violati). Il tutto si riduce al niente, e sembra girare a vuoto intorno ad un presente che sfugge e ad un futuro di cui non si vede traccia.
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