Regia di Roberto Faenza vedi scheda film
Finita (almeno per il momento) la fase impegnata e sessantottesca, rimane per Roberto Faenza la vena intimista e sentimentale. La strada è quella tracciata da Prendimi l’anima e da I giorni dell’abbandono, l’amore è insieme cura e malattia. È un’ossessione quella di Claudio Santamaria, geloso fino al midollo di Laura Chiatti, in una Praga che è la cosa meno algida del film. Ricorre addirittura a un detective privato (l’attore scozzese Iain Glen), una teoria per tutto e più problemi dei suoi stessi clienti. Per chi non l’avesse capito già dal titolo, si parla (letteralmente) di gelosia. Si snocciolano (a parole) una teoria dietro l’altra, citando Otello e Dostoevskij. Un trattatello banalizzante venato di comicità involontarie, supportato da un unico tema musicale che diverte solo i primi dieci, quindici minuti. Innaturale anche quello, come le facce degli attori, fuori posto e fuori misura, ai quali questa volta il regista sembra aver davvero rubato l’anima. Faenza ha studiato, al solito, l’argomento, ma finisce col cadere dentro un magma di semplificazioni imbarazzanti. Per non parlare dei dialoghi e dei caratteri, figurine di carta a cui manca l’unica cosa che serve. La vita.
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