Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Ahimè incapace di dare un giudizio sull’interpretazione storica data dal film all’eccidio di Katin, mi limiterò ad osservare l’indiscutibile esperienza di Wajda che fornisce una prova di mestiere di alto livello. Le scene all’interno del campo di prigionia degli ufficiali e intellettuali polacchi , il discorso dell’alto ufficiale circondato dai compagni (scena memorabile con la camera che sale e scende sull’assemblea con una grandiosità straordinaria), o le scene sospese di espressioni dolorose e attonite sui visi dei protagonisti sono tutte tracce di un grande passato del regista polacco. Salta però molto all’occhio quanto Wajda, inevitabilmente, rappresenti un modo di fare cinema all’antica, i suoi 82 anni (come mi accade di notare con altri venerabili registi ottuagenari tipo Olmi, o De Oliveira) qui si notano tutti. Non è ovviamente di per sé motivo di demerito, ma si rafforza in me l’idea che anche per i registi dovrebbe valere la regola del pensionamento, entro il quale potrebbero mettere la loro esperienza al servizio delle nuove leve, capaci di “svecchiare” certo cinema.
Merita comunque certamente di essere visto, specie per gli appassionati del genere.
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