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Still Walking

Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film

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La recensione su Still Walking

di alan smithee
10 stelle

Un "grande freddo" in famiglia quello di Hirokazu Koreeda: fulcro di tutto questo dolore imploso ed inespresso un lutto lontano ormai quindici anni; una perdita tanto assurda quando fondamentale per minare equilibri familiari che non costituiranno mai più come prima quell'ingranaggio ideale che fa funzionare alla perfezione l'orologio dei rapporti personali di una tranquilla famiglia borghese di Yokohama.
L'arrivo nella villetta di famiglia dei due figli per commemorare l'ennesimo anniversario della scomparsa del fratello maggiore, morto annegato quindici anni prima per salvare la vita ad un ragazzino più giovane, genera come ogni anno in ognuno dei componenti un freddo tentativo quasi inerte ma inevitabile di riallacciare rapporti per troppo tempo rimasti in superficie, e che tuttavia appaiono svogliati e destinati a rimanere anche in quella circostanza nella generica cordiale banalità che li ha sempre contraddistinti.
Solo che quest'anno ci sono alcuni cambiamenti che potrebbero mutare qualcosa in famiglia: per il maschio la novità è che deve far conoscere ai genitori la nuova moglie, giovane bella vedova, dolce e comprensiva con un bambino decenne a cui l'uomo si sforza di affezionarsi; senza contare che ogni anno che passa, più nell'uomo aumenta la convinzione che suo padre, medico di famiglia un tempo molto noto, sia sempre più dell'idea che a sopravvivere sarebbe dovuto toccare al suo figlio maggiore, quello che gli avrebbe dato le più grandi soddisfazioni ereditando con successo la sua professione: un perenne confronto doloroso con la situazione precaria di restauratore del minore, sempre a corto di soldi e di commesse. Per la femmina invece si prospetta un meditatissimo tentativo di persuasione nei confronti dei genitori per accaparrarsi la sua parte della villetta di famiglia, dividendo in due il grande appartamento dei vecchi che loro non utilizzano più per intero e che dunque la giovane vorrebbe far suo già da ora per andarci a vivere con i due bambini e il suo indolente superficiale marito.  
A completare il quadro di famiglia il padre anziano di cui sopra, severo, umorale e ombroso, che soffre ogni anno di più di quella atroce irreparabile perdita e che, con il suo scostante comportamento, getta inesorabilmente sugli altri sopravvissuti colpe che in effetti essi non hanno e non potrebbero avere;  infine una madre bizzarra e amorevole, sempre dedita alla cucina e a dispensare consigli non sempre azzeccati od opportuni.
Koreeda ci fa accomodare tra le pareti di casa per un fine settimana all'insegna della più schietta introspezione familiare, dalla quale emerge una tristezza di fondo contagiosa dalla quale non ci si può esimere e che è uno dei valori più preziosi di un cinema altissimo e profondo, che come pochi sa toccare con grazia ed acutezza le profondità più intime dell'animo umano, dove ognuno bene o male riesce a riconoscersi e nel cui risvolto è impossibile, almeno in parte, non identificarsi. Il senso della perdita, la muta rassegnazione, il valore della speranza (espresso magicamente e con grande efficacia dalla storiella commovente della farfalla gialla che, se sopravvive all'inverno rigido, torna il primavera di colore bianco) come arma di sopravvivenza per "continuare a camminare" in questo percorso perennemente in salita (efficacemente raffigurato con la faticosa ascesa al cimitero da parte della famiglia) sono davvero attimi di cinema toccanti ed emozionanti che non possono lasciare indifferenti. Lode ad un regista che mi ha scosso con la placida calma di uno stile che trova nella sua pacatezza la capacità di affondare la sua introspezione tra le pieghe più incandescenti di sentimenti che non riescono mai ad essere espressi o chiariti; un autore che imparo solo ora a conoscere e del quale approfondirò presto la sua già nutrita filmografia, peraltro del tutto ignota o quasi alle nostre superficiali latitudini.

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