Regia di Stephen Daldry vedi scheda film
Il problema del film è che mette insieme cose troppo diverse: l’educazione sentimentale di un ragazzo, lo sterminio degli ebrei, la piaga dell’analfabetismo. I tre elementi non si amalgamano tra loro ma si presentano separatamente, l’uno dopo l’altro nell’ordine detto: la relazione sessuale, il processo alle kapò, l’apprendimento della scrittura. Tutto è raccontato in modo estremamente freddo (l’unico momento di vera emozione è quello in cui Fiennes registra le cassette con il testo dei libri); però il distacco è voluto, può dare fastidio ma non va considerato un difetto. Le perplessità sorgono quando si tratta di tirare le conclusioni e ci si incarta in un finale ideologicamente confuso: la criminale nazista non si pente, però è cambiata e ha deciso di autopunirsi; la vittima non può accettare il suo denaro, che viene didascalicamente devoluto a un’associazione per la lotta all’analfabetismo. Qua e là si rileva una certa mancanza di cura nei dettagli (i libri sono scritti in inglese, il menu del ristorante in tedesco) e anche autentiche inverosimiglianze: a partire da quella di fondo, la scelta assurda di incolparsi di centinaia di omicidi per non voler ammettere di non saper scrivere (e poi, quando mai una perizia calligrafica si fa in quel modo, in quattro e quattr’otto davanti a un’aula di tribunale?).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta