Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Dalla donna-oggetto all’oggetto-donna il passo è breve. Il soggetto delle attenzioni del cinema del nostro diventa un oggetto di plastica pronto a rispondere ad ogni fischio del padrone. I rapporti personali e umani sono imperfetti per definizione, la perfezione non può essere trovata nella soggettività. Il protagonista è un bellone che ha successo con le donne, un buon lavoro ma che è scontento, nei rapporti con gli altri non vuole responsabilità, l’amore non gli interessa verso persone perfettibili ma mai perfette. La sua vuota esistenza televisiva viene sconvolta dalla perfezione oggettiva di un portachiavi parlante con il volto di donna, oggetto di un desiderio che diventa sempre più possessivo e malato. L’utilitarismo feticistico diventa gelosia quando l’automatismo fischio-risposta non può essere esclusivo, il rapporto completo tra il soggetto che stimola l’oggetto a dichiarargli il suo amore non può essere interrotto, se qualcuno o qualcosa fischia o canta, la cosa reagisce e se non è il suo padrone a produrre tale rumore è quest’ultimo a reagire in maniera difettosa. Quando le cose sono troppe ci occupano tutto, anche i nostri sentimenti possono essere rivolti verso un oggetto , soprattutto quando questi beni diventando concetti sono sempre più capaci di riprodurre e soddisfare i nostri desideri. Il mondo ha troppi arnesi al suo interno per non cercare e trovare qualcosa che reifichi i nostri sogni. Ferreri realizza un film che non può raggiungere i capolavori del passato ma che prima di rimettere al centro dell’attenzione la donna, prova a ragionare nel suo stile iperrealista sulla potenza seduttiva degli oggetti.
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