Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
“Se io muoio i sogni andranno via. Dormire non è come morire.”
Ran causa un incidente stradale in piena notte ma al risveglio non ricorda nulla perché soffre di una grave forma di sonnambulismo. In compenso Jin di quell’incidente ricorda ogni particolare perché lo ha appena sognato. I due perfetti estranei scopriranno così di essere uniti da un insolito legame. Ran, in preda al sonnambulismo, traduce i sogni di Jin in realtà, ma se da un lato lui rincorre la ragazza che continua ad amare nonostante lei lo abbia lasciato, Ran cerca l’uomo che lei stessa ha scaricato e che disprezza profondamente. Grazie alla dottoressa che ha in cura la ragazza i due scoprono di trovarsi ai limiti opposti di uno spettro in cui la felicità di Jin coincide con la miseria di Ran. Spinti da sentimenti opposti, entrambi rivivono i loro amori passati attraverso i sogni; come amore e odio sono due facce della stessa medaglia così i due ragazzi che incarnano perfettamente questo dualismo (persino i loro nomi richiamano per assonanza Yin e Yang) sono una cosa sola. Il bianco e il nero, spiega la dottoressa, sono la stessa cosa, l’uno non può esistere senza l’altro e da qualche parte si devono incontrare. L’amore di Jin e l’odio di Ran diventano tutt’uno nel sogno (luogo in cui tutto è possibile) trasformandolo in realtà. L’unico modo per rompere questa strana simbiosi è l’eliminazione dei sentimenti che la alimentano; se soltanto tra i due scoccasse la scintilla i sogni di Jin cesserebbero e Ran guarirebbe dal sonnambulismo, ma loro non hanno alcuna intenzione di innamorarsi. Consapevoli dell’importanza di non addormentarsi mai contemporaneamente, poiché il bene dell’uno comporta necessariamente la sofferenza dell’altro, si sacrificheranno a turno per consentire all’altro di dormire arrivando persino all’autotortura pur di rimanere svegli, ma ogni tentativo di separare lo Yin dallo Yang risulterà vano. Come previsto dalla dottoressa (“i sogni possono causare una terribile sfortuna”), si arriverà all’omicidio…
“Dream” è un’opera estremamente complessa, sfaccettata, incoerente e frustrante per gli amanti delle connessioni logiche, un rompicapo il cui finale lascia adito a svariate interpretazioni, nessuna delle quali del tutto soddisfacente. La polivalenza di significati e il concetto di metamorfosi (la trasformazione di Ran in farfalla, ma anche l’intercambiabilità dei quattro protagonisti) , profondamente radicati nelle filosofie orientali, insinuano dubbi, confondono e spiazzano lo spettatore occidentale abituato alla coerenza. Il fatto è che secondo la logica taoista (ma anche confuciana e buddista) le diverse interpretazioni che attribuiamo agli eventi non sono affatto mutuamente esclusive e possono tranquillamente coesistere. Soltanto dopo aver fatto nostri questi principi potremo considerare “Dream” non uno scivolone, bensì la
definitiva consacrazione di Kim Ki-duk.
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