Regia di Alex Rivera vedi scheda film
Con evidente penuria di mezzi, Rivera riesce e inserire la sua narrativa breve 'americana' all'interno di una distopia.
Lasciamo perdere la CGI. Non concentriamoci sull'aspetto meramente esteriore di qualche robot fatto così cosi, anche perchè occupa una parte infinitesimale del girato. Ciò che rende Sleep Dealer un lavoro personale è la cadenza del racconto, compassata eppure per nulla pomposa. Anzi, a volte disordinata come dovrebbe essere quella di un ragazzo. Siamo dalle parti della short story? Forse sì. Forse siamo dalle parti di Harper Lee, almeno per quanto riguarda la scelta del punto di vista, connotato da piccolezza, immaturità. Ma il racconto breve, che nella letteratura americana può diventare anche romanzo, nel '900 si è declinata anche nello sci-fi, generando una miriade di piccole bozze di viaggio, appunti per una conoscenza superiore, al di là delle macerie dei massimi sistemi. Ecco cosa apprezzo prima di tutto di questo film: la piccolezza. E poi abbiamo anche una bella storia d'amore, ambientata in un ecosistema mesmerico -anche fotograficamente-, che passa dalla realtà virtuale alla vita di frontiera con netti contrasti. E tutto questo è veicolo per parlare di alienazione di classe, delocalizzazione, globalizzazione e divario sociale, sempre in perfetta analogia fra il mondo distopico creato e i germi della rivoluzione a venire. Prima di Avatar e con un centesimo del suo budget, si può anche appassionare e far riflettere.
Direi calzante il menage sentimentale con la storia fantascientifica che, in uno sci-fi, deve sempre occupare il primo posto tra i pesi del testo.
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