Regia di Daniele Costantini vedi scheda film
L’atmosfera è quella di un teatro di posa, la piéce rappresentata resta in bilico tra burlesque e grottesco, rinunciando a qualsiasi forma di realismo. Per essere tratto da un romanzo (quel Destino ridicolo scritto da Fabrizio De André e Alessandro Gennari), il secondo lungometraggio di Daniele Costantini (dopo Fatti della banda della Magliana) è una trasposizione che più libera non si può. Dell’originale resta il filo conduttore e pochi personaggi, che si aggirano tra i carruggi di Genova e il suo porto. Rimangono un pappone ingenuo e indolente, un pastore sardo con un passato da fuorilegge, e un ex anarchico dal presente poco chiaro. Certo, ci sono anche le donne, all’origine di un tira e molla sentimentale e di un destino ridicolo, che ci sussurrano l’essenza del romanzo. Ma l’attenzione verso gli ultimi riservata da De André si perde a causa di una recitazione forzata e surreale, che alla lunga risulta fastidiosa. Non convince, su tutte, quella del pappone Fausto Paravidino, tutto smorfiette e risatine, al centro di una sceneggiatura approssimativa, incongruente e didascalica. Peccato, perché tra i carruggi avremmo dovuto trovare De André, e ci avrebbe fatto davvero piacere.
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