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Amore che vieni, amore che vai

Regia di Daniele Costantini vedi scheda film

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La recensione su Amore che vieni, amore che vai

di billykwan
2 stelle

Fabrizio De Andrè ha cantato storie di emarginati e reietti, lo ha fatto con anarchica poesia e ha dipinto luoghi e genti di una Genova che in parte sopravvive tuttora. Insieme a Alessandro Gennari scrisse poi il romanzo "Un destino ridicolo", da cui è tratto il film in questione. Il libro narra delle vicende di tre uomini (Bernard, marsigliese passato dalla resistenza alla malavita; Carlo, pappone sognatore; Salvatore, un pastore sardo appena uscito di galera) i cui destini si intrecciano con quello di due prostitute, Veretta e Maritza (figura ispiratrice di "Bocca di rosa"). Sullo sfondo Genova, coi suoi vicoli salmastri e all'orizzonte un miraggio: il colpo della vita, che finirà male. La storia è raccontata attraverso gli occhi di Fabrizio e Alessandro, personaggi apparentemente marginali che fanno da raccordo alle vicende che si svolgono in un arco temporale piuttosto ampio. Fabrizio e Alessandro altri non sono che gli autori del romanzo, il cui punto di forza sono le atmosfere e le sensazioni che rimandano direttamente alle canzoni di De Andrè. Veniamo al film: i personaggi dei due autori scompaiono e gli altri sono resi in maniera alquanto approssimativa, in particolare il pappone è macchiettistico e improbabile. Genova, splendida città dalle mille sfaccettature, è anonima e fredda. Dell'umana gente cantata da De Andrè non vi è traccia e la sua poesia è completamente assente. Anche guardando il film senza far riferimento all'opera di De Andrè, risulta irritante, noioso e lento. La chicca sta poi nella canzone che dà il titolo al film che viene ascoltata da Carlo attraverso un mangiadischi: peccato che la vicenda si svolga nel ’63 e “Amore che vieni, amore che vai” sia stata editata nel ’66.

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