Regia di Benoît Délepine, Gustave Kervern vedi scheda film
Dieci operaie licenziate decidono di pagare un killer per uccidere il loro ex capo con la somma delle loro misere liquidazioni. Ma il killer è un inetto.
Bene le idee, meno bene la loro realizzazione. Louise Michel è uno di quei film che nascono dal progetto di spiazzare a ogni costo lo spettatore, dimenticando così (o considerando ininfluenti nel complesso del lavoro) la trama, i dialoghi, il ritmo. Il risultato fa storcere la bocca a più riprese, naturalmente: la storia si inceppa ripetutamente su esercizi di stile, nonsense, divagazioni non sempre originalissime e arrivare al finale richiede una bella serie di sforzi. Ma ne vale la pena, tutto sommato, se si è in vena di vedere qualcosa di bizzarro - nel bene e nel male. La bizzarria programmatica di Gustave Kervern e Benoit Delepine, registi e sceneggiatori, è roba da Sundance (dove infatti il film ha vinto un premio speciale della giuria), che fa chic e non impegna insomma, nobilita il pubblico prima ancora che i suoi autori; di salvabile in assoluto c'è comunque pochetto. C'è sicuramente la scelta coraggiosa di affidare a un capolavoro sconosciuto (A lonely song di Daniel Johnston, uno che la bizzarria sa realmente cosa sia) il commento dei titoli di testa e la chiusura del film; c'è l'omaggio all'anarchica Louise Michel, vissuta nella seconda metà dell'Ottocento e qui trasfigurata in due personaggi - appunto Louise e Michel, i due protagonisti - che ne incarnano lo spirito rivoluzionario e anticapitalistico; e poi, francamente, non c'è altro. Si veleggia per lo più fra la mancanza di senso e il barzellettistico 'a denti stretti' (vedi la sequenza di apertura), con una regia piatta che sembra spesso non-scegliere l'inquadratura, piazzando a casaccio la macchina da presa o prediligendo pianosequenza che prescindono dall'azione (e quest'ultima, sfruttata in varie occasioni, è la soluzione esteticamente migliore del lavoro). Due anni più tardi l'accoppiata di registi tornerà sul set per girare Mammuth, con la medesima protagonista (Yolande Moreau, senza infamia e senza lode), Gerard Depardieu e Isabelle Adjani. 4/10.
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