Regia di Alain Robbe-Grillet vedi scheda film
Robbe-Grillet è, come Raul Ruiz o Alain Resnais (di cui ha sceneggiato il capolavoro L’anno scorso a Marienbad, non dimenticare), uno dei maestri post-(e durante)-nouvelle vague del cinema francese della destrutturazione narrativa, ma, rispetto agli altri due, ugualmente elegante, ha sempre mostrato un’attrazione per tematiche più spinte, fino a sconfinare (provocatoriamente, dice) nel genere più grevemente erotico sadomaso. Le diverse componenti della sua intrigante personalità si trovano anche in questo brillante film della vecchiaia, sogno soave, seducente d’ambientazione esoticamente medio-orientale (meraviglioso l’impianto visuale come l’utilizzo della Sheharazade di Rimskij-Korsakov) con arbitrario florilegio di incantevoli fanciulle schiave o padrone, finchè quella amata dal protagonista non è (forse) morta e tutto sembra rivelarsi un sogno e lui dalla camera di un albergo si ritrova in mezzo all’oceano e la trama si disperde labirinticamente fino a non capircisi più niente, ma lasciando impressioni potenti, strane, ineffabili. Il momento sublime è quando una bionda che insegue rivela di essere un’attrice, e attrice di cosa le chiede, attrice di sogni, così come ci sono registi di sogni, produttori di sogni. “Come attrice lei è comparsa spesso nei miei sogni?” “Certo, e forse anche ora”. Se fossimo tutti circondati da attori di sogno, o se lo fossimo proprio noi?
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